martedì 12 gennaio 2016

Ritratto di Signora: Le donne che saremmo diventate

Se mi fossi organizzata per tempo come mi ripeto sempre di fare, ora il post sarebbe già sul blog da 24 ore e invece, niente. In fondo lunedì sono a casa di riposo, posso pubblicare tranquillamente in mattinata, poi cambiano i turni al lavoro all'improvviso, ma sì tanto ce la faccio inizio a mezzogiorno, e invece niente connessione internet, perchè altrimenti era facile. quindi sono qui a pubbicarein fretta e furia, senza dedicare la giusta attenzione e il giusto spazio al commovente pezzo che Monica ha scrtitto per la nostra rubrica.

Mi sembra strano ritrovarmi qui davanti ad un computer a scrivere questo articolo.
In realtà è molto diverso dai soliti post che prepariamo per la nostra rubrica, perché una volta tanto non vi parlerò di donne coraggiose o da prendere come esempio, questo mese il ritratto è dedicato ad un gruppo di ragazzine che donne non lo sono mai diventate.

Era il 6 Dicembre 1990 ed era una giornata come tante.
Quel giorno avevo l’interrogazione in Storia dell’Arte, il che voleva dire che il pomeriggio precedente lo avevo passato sui libri per preparami, perché con quella materia era così: studiavi tutto il giorno prima senza sosta, ma alla fine il risultato era garantito.
In fin dei conti non era una brutta materia, e se riuscivi ad incantare la professoressa con mille parole, alla fine il bel voto lo portavi a casa.
E così fu. Un otto da raccontare alla mamma, un bel voto per passare un pomeriggio tranquillo tra compiti e libri.
Quello doveva succedere una volta tornata a casa, ed invece in pochi minuti tutto cambiò.
Al suonare della campanella cambiammo aula, e sulla porta intravidi la professoressa di Filosofia che si asciugava le lacrime.
Bastarono poche e semplici parole per cambiare il corso di quella giornata: un aereo militare era caduto accidentalmente su una scuola di periferia. 
In quella scuola, il Salvemini di Casalecchio di Reno (Bo), c’erano centinaia di ragazzi, insegnanti, bidelli, persone che come tutti i giorni si erano recati a scuola per compiere il proprio dovere.
In quella scuola, undici ragazze ed un ragazzo di quindici anni persero la vita.
Quel che successe dopo l’impatto ve lo lascio immaginare. Allora non avevamo internet, ma fin dal primo pomeriggio fummo bombardati dalle immagini televisive.
Il fumo, le urla, ragazzi in jeans che piangevano disperati, e quel buco nel muro della scuola così grande da non sembrare neanche reale.

Il 6 Dicembre 1990 furono spezzate dodici vite, dodici vite che non poterono tornare a casa da scuola e raccontare la loro giornata, spiegare di aver preso un bel voto, giocare con la fantasia e immaginare il loro futuro.

A distanza di venticinque anni spesso mi capita di pensare a loro, a quelle ragazze che donne non sono potute diventare.
Cosa avrebbero fatto oggi ormai quarantenni? Alcune di loro sarebbero state madri, altre mogli, donne in carriera o casalinghe in lotta con i conti che non tornano, i figli che ti fanno impazzire…

Ed invece guardo la loro foto, quella classica che in primavera veniva scattata nel giardino della scuola. I visi sorridenti e fiduciosi, le mani che si intrecciano a suggellare un’amicizia che forse durerà tutta una vita.

Quelle ragazze eravamo noi. Noi con i nostri sogni, le nostre prime delusioni d’amore, noi speranzose di fare qualcosa di grande e di lasciare il segno in questa vita.

Dei giorni successivi all’incidente ho un vago ricordo, perché le emozioni erano troppo grandi da gestire, perché una di quelle ragazze la conoscevo, perché come spesso accade in questo paese fin tanto che il cadavere è caldo bisogna sbatterlo in TV a tutti i costi, e la mia mente di sedicenne era davvero troppo piena di confusione, rabbia e dolore.

Il giorno dei funerali tutti insieme chiedemmo una cosa: che un incidente del genere non capitasse mai più. Stringevamo in mano i nostri fiori bianchi, con una targhetta applicata su cui c’era scritta proprio quella frase “Mai più”.
Mai più dolore, mai più incidenti assurdi (e ancora oggi senza un colpevole), mai più scuole senza scale antincendio, ma più morti inutili.

Venticinque anni sono passati e purtroppo le cose non sono cambiate molto, questo mio ritratto più che altro è per ricordare, perché qui in Italia si dimentica troppo in fretta.

Penso che quelle dodici anime sarebbero diventate delle belle persone da grandi, questo è quello che mi piace credere.
Penso che questi ragazzi non debbano essere ricordati solo una volta l’anno.
Penso che se c’è una giustizia, allora forse un giorno qualcuno pagherà per questi morti.
Ma soprattutto penso a voi: Deborah, Laura, Sara, Laura, Tiziana, Antonella, Alessandra, Dario, Elisabetta, Elena, Carmen e Alessandra.. ovunque voi siate vivrete per sempre nel mio ricordo.



Non posso che ringraziare Monica per aver voluto condividere con noi questo suo ricordo di un evento che ha cambiato la vita di tante persone, e che come molti rischia di cadere nell'oblio.

Come sempre potete trovare l'articolo (pubblicato a dovere il giorno giusto) anche sui blog di

Monica Book Land
Miki Miki In The Pinkland
Francesa di Franci lettrice sognatrice

Jennifer BTS of my Soul

Grazie Fede, Monica, Miki, Francesca, Daniela, Jennifer

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