lunedì 7 aprile 2014

Ritratto di Signora: Le Principesse Disney



Sono sempre felice quando arriva il primo lunedì del mese, ma devo dire che questo mese, il tema che ha scelto Miki mi rende particolarmente contenta, io sono una dineyana a tutti gli effetti, ed è per questo che non vedevo l'ora di condividerlo con voi.

In casa mia siamo sempre stati tecnologicamente arretrati, tanto che il primo videoregistratore è arrivato alla vigilia del debutto del lettore DVD. Ciò ha fatto in modo che mentre le mie amiche e compagne di scuola guardavano incantate le versioni animate della Disney, io mi “accontentavo” di leggere le fiabe che avevano come protagoniste dolci, disarmate e sospiranti fanciulle. Ricordo chiaramente come già allora la mia mente di bambina fosse più attratta e stimolata da protagoniste attive e scaltre come ne “Il diavolo dal naso d’argento” di Italo Calvino, in cui la fanciulla riesce, da sola, a liberare se stessa e le sue sorelle e fare ritorno a casa, sconfiggendo il diavolo. Una sorta di Barbablù senza il solito intervento provvidenziale di altri uomini. La adoravo! E sì, questo era il genere di letture che facevo da piccola.
Con gli anni poi, ho voluto colmare la mia lacuna, andando a guardare tutti i capolavori Disney e arrivando alla conclusione che dal 1937, anno di uscita di Biancaneve e i sette nani, ad oggi, la figura della principessa è notevolmente cambiata, mostrando via via caratteristiche e racchiudendo valori più in linea con il ruolo della donna nella società del tempo.
Ho deciso di scrivere questo particolare Ritratto, dopo aver visto, a distanza di breve tempo, The Brave e Frozen ed essere rimasta letteralmente incantata da Merida ed Elsa. Ma prima di parlare di loro, vorrei rapidamente spendere una parola su coloro che le hanno precedute.
Quando la regina si punse un dito, desiderò ardentemente una bambina che avesse la pelle candida come la neve, le guance rosse come il sangue ed i capelli neri come l’ebano.” Detto fatto! Alla faccia delle migliori tecniche di ingegneria genetica! Biancaneve era bellissima. Orfana di madre, che muore di parto, ma bellissima. Cresce, bellissima, nonostante le angherie di una matrigna malvagia che la riduce ad una sguattera. Ma la piccola accetta di buon grado, remissiva ed ubbidiente, ogni vessazione, cantando agli uccelli e parlando agli animali, che nemmeno San Francesco. Ed è proprio la sua bellezza la più grande minaccia per la regina e tale bellezza deve essere mortificata, annientata. Sappiamo tutti come prosegue… Biancaneve si ritrova a fare da sguattera ai sette nani. Bel cambiamento! E badate bene, si tratta di sette piccoli e innocui uomini, altrimenti sarebbe stato sconveniente. Se di Biancaneve si esalta solo la bellezza per tutta la durata del film, un motivo ci sarà e probabilmente è perché non brilla per acume, ops, scusate, ingenuità, lei è ingenua, talmente ingenua che accetta di buon grado la mela dalla prima vecchina inquietante che si presenta alla finestra. Ma d’altronde, non aveva avuto una mamma che le insegnasse di non accettare nulla dagli sconosciuti. Biancaneve muore, o almeno così sembra, punita per aver dato un morso ad una mela. Vi ricorda niente?
I nani sconvolti e addolorati al solo pensiero di doversi lavare nuovamente le mutande, la espongono all’interno di una teca di cristallo – inquietante - affinché la sua bellezza – aridaje – rimanga immutata nel tempo.
Ora, dal mio punto di vista, la cosa poteva anche finire qui, e invece no! Arriva lui, egli, isso, sul suo bianco destriero che con un bacio di vero amore – eh? – riporta alla vita la bellissima principessa e vissero felici e contenti. 
Passano gli anni, siamo al 1950, e arriva Cenerentola sul grande schermo. Purtroppo le cose non cambiano poi molto. In questo caso è anche peggio: di questa bellissima fanciulla non si saprà mai nemmeno il nome, ma solo il nomignolo affibbiatole dalle brutte e arcigne sorellastre. Cenerella è una creatura ultraterrena, diciamo anche un’ extraterrestre, che si sveglia all’alba con il sorriso sulle labbra, ridacchia deliziosamente quando gli uccellini le riversano una cascata di acqua fredda in testa a mo’ di doccia e ha per migliori amici deliziosi topastri grigi per i quali ha subito pronti minuscoli abitini su misura. Mentre le sorellastre starnazzano e strimpellano davanti ad un esimio maestro di musica, Cenerella lava il pavimento cantando come nemmeno Katia Ricciarelli. Quando arriva l’invito per il ballo di Corte, in casa vi è grande fermento e tutte vogliono andare a vedere il principe

 
Si affaccia quindi la prospettiva di rimanere in casa DA SOLA senza tre psicopatiche che le fanno svuotare il vaso da notte (lo so, nel cartone la scena non c’è, ma fidatevi a quei tempi era così!) e Cenerella che fa? Scappa? Ne approfitta per riposarsi in uno dei morbidi letti? Ma assolutamente no! Anche lei DEVE andare al ballo a conoscere il principe, che ovviamente rimane folgorato da tanta bellezza, talmente folgorato che quando, scarpetta in mano, si presenta alla porta, non riconosce assolutamente in quella sguattera dimessa la meravigliosa fanciulla con cui ha ballato tutta la notte, no. Ma quando lei infila il piccolo e grazioso piedino nella calzatura di cristallo (e questo la dice lunga anche sul peso di Cenerella!), SBAM!, eccolo lì, l’amore vero… E vissero tutti felici e contenti, con una punta di feticismo.
Poi c’è Aurora, 1959… Lei è la mia “preferita”, un’eroina a tutti gli effetti, artefice del proprio destino. Infatti che fa per tutto il film? Dorme!
Andiamo avanti…

La Sirenetta, 1989, è stato il primo film Disney che ho visto da bambina e, ovviamente, l’ho amato. Quando andavo a casa della mia amica Checca, ci piazzavamo davanti alla televisione, lei compiva quella piccola e per me sconosciuta magia di inserire una cassetta nella bocca del registratore e dare inizio all’incanto. Colori meravigliosi, musiche coinvolgenti, personaggi divertenti e un principe che ci faceva sospirare.
Ariel segna già una linea di demarcazione abbastanza netta; è una sirena adolescente, con tutte le inquietudini proprie dell’età: insoddisfazione, ribellione alla figura genitoriale (non esistevano le mamme nei cartoni Disney, facciamocene una ragione!), sensazione di inadeguatezza, voglia di scappare.
Tutto ciò, per lei, si concretizza nell’avere le gambe e nel poter visitare il mondo umano. Ed è talmente grande la sua voglia di farlo che si innamora della prima statua che le capita davanti. Eric, in effetti, è perfetto: è belloccio, erede al trono, onesto, lavoratore e c’ha i cipiti in bella vista. Non ha un bianco destriero ma è affiancato da un grande e grosso pelosone slinguazzante che ci piace tanto.
E per la prima volta, udite udite, è lei a salvare lui, che rintronato e moribondo, invece di sputacchiare acqua e sabbia, rimane estasiato dalla bellezza e dalla voce di colei che lo ha riportato alla vita. Perché Ariel canta, e divinamente anche. Avevate qualche dubbio?
Per questo, quando Eric se la ritrova davanti, mezza nuda ma muta, non riconosce in lei la sua salvatrice. E da qui comincia forse la parte più bella del film, la storia di due persone che vogliono conoscersi, che cercano di capirsi e comunicare, ok tra grandi occhioni e ciglia che sbattono, ma sempre meglio del bacio del vero amore dato da uno sconosciuto con cui si passerà il resto della propria vita! Il vissero felici e contenti, insomma, è abbastanza guadagnato.
 
Nel 1991 vado al cinema per la prima volta, con la scuola, a vedere La Bella e la Bestia. Mi commuovo solo al ricordo. Entrai euforica e ne uscii estasiata. Da allora e per tantissimo tempo, Belle è stata senza ombra di dubbio la mia principessa preferita e, in generale, la storia raccontata è tra le più belle del mondo delle fiabe. Sì, Belle è bella e canta e ha un certo feeling con gli animali, non è una sguattera anche se si occupa amorevolmente dell’unico genitore che le è rimasto. La mamma? No, ovviamente, lo strambo papà. Ma… lei legge!!! Per la prima volta si fa un qualche riferimento all’attività cerebrale femminile. e non è un traguardo questo. Ama i libri, ama le storie avventurose e si rifugia tra le pagine per sfuggire alla monotona vita di un paesino di provincia che la considera strana. Ed è proprio il suo coraggio e la voglia di avventura che la portano a sacrificarsi per salvare suo padre dalle grinfie di un’orrenda e disumana bestia, che lei teme sì, ma che ha il coraggio di sfidare e contraddire, dalla quale ha il coraggio di scappare. La sua curiosità, unita alla bontà d’animo (beh, sempre di Disney si tratta) la spingono a non fermarsi all’apparenza ed a cercare l’uomo nel mostro. Non voglio addentrarmi nella cosiddetta sindrome della crocerossina e nella, spesso malsana, convinzione delle donne di poter cambiare gli uomini, soprattutto quelli violenti, ma, volendo essere eccessivamente critici, si potrebbe parlare anche di quello. Una cosa è certa, la bestia è affascinata da Belle, dalla sua caparbietà, dalla sua franchezza; cerca di compiacerla (le regala un’immensa biblioteca! No, parliamone…) e comprende così profondamente il suo dolore che la lascia andare. Un atto d’amore immenso e mai visto prima. 
(scusate ma non ho resistito quando l'ho vista)
 Una delle scene che adoro è quando lei stenta a riconoscere la sua bestia nel biondone tutto muscoli che le si presenta davanti e se ne convince solo dopo averlo ritrovato nella bontà dei suoi occhi. E vissero felici, contenti e innamorati.Davvero.
 
Da allora, le principesse Disney, sono state sempre di più personaggi di spessore, con una personalità forte ed una partecipazione attiva alla storia (probabilmente dovrei parlare approfonditamente di Mulan, ma è il cartone che conosco di meno. Mea Culpa), ma, fondamentalmente, l’amore tra un uomo ed una donna è sempre stato al centro di ogni film.
Cosa cambia con The Brave e con Frozen? La Disney finalmente rende protagonisti sentimenti mai approfonditi prima e lo fa grazie ad eroine forti, determinate e indipendenti.
Merida si differenzia notevolmente dalle altre principesse già solo per il suo aspetto fisico, che non rientra assolutamente nei canoni delle bellezze Disney. 
Ha il volto paffuto, gli occhi tondi, le lentiggini ed una massa di riccioli rossi, indomabili e ribelli. Come lei. Non è aggraziata, non canta, non danza, non suona uno strumento, non ricama egregiamente e non ha il minimo interesse ad imparare tali arti. E’ indisciplinata ed in continuo contrasto con la madre. Ebbene sì, dopo SETTANTASETTE anni, compare una mamma, con la quale Merida non va assolutamente d’accordo. Lei è irriverente, ironica e iperattiva, mostra un carattere che poco si addice ad una vera principessa e la grande sintonia con suo padre non fa che incoraggiare la sua indole ribelle. Andare a cavallo, tirare con l’arco e ingozzarsi sgraziatamente sono le sue attività preferite e per lei è una vera sofferenza anche solo dover indossare abiti formali che la costringono e mortificano la sua personalità. Potete immaginare la sua reazione quando viene annunciato un torneo il cui vincitore potrà avere la sua mano. Contrariata è dire poco. Merida è talmente incazzata che si presenta al torneo come partecipante:
Io sono Merida, primogenita discendente del clan Dun Rock e gareggerò per ottenere la mia mano!”
E la ottiene! Sbaragliando tutti gli altri partecipanti e scatenando le ire della regina madre, con la quale ha uno scontro violento che culmina con l’inevitabile scambio di frasi dettate dalla rabbia e dal fatto che madre e figlia non si conoscono per niente. Ed è proprio su questo rapporto che verte l’intero film, sulla mancanza di dialogo, sulla convinzione di essere su posizioni diametralmente diverse e apparentemente inconciliabili. 

Ed è solo quando le due donne sono costrette a stare insieme, sono costrette a conoscersi e capirsi, che comprendono l’importanza che hanno l’una per l’altra. Un film splendido, uno dei più belli tra i film Disney, un film in cui finalmente l’amore, il principe ed il matrimonio non sono le uniche possibilità per la protagonista di cambiare vita. E vissero felici e contenti? Non lo so, ma una cosa è certa: vissero.
Probabilmente è stato il mio grande desiderio di avere una sorella, magari al posto dei buzzurri primogeniti, che mi ha fatto amare incondizionatamente Frozen, ultimo capolavoro di casa Disney, ed Elsa, protagonista del film assieme ad Anna, sua sorella, appunto.
Elsa è forse uno dei personaggi più tormentati, costretta a reprimere se stessa e la sua capacità di governare il ghiaccio fin da quando è una bambina e di vivere con il terrore di fare del male alle persone a cui vuole bene. Ciò la porta ad isolarsi e ad allontanarsi dalla sua amata sorella Anna, che non perde occasione di farle notare la distanza, soprattutto dopo la morte dei genitori (mbeh? Che volete? Dopo The Brave, in cui c’era sia una mamma che un papà, come minimo li dovevano accoppare entrambi. E difatti…). Elsa cresce sentendosi sbagliata, pericolosa, spaventata da quella che è la sua grande dote. E più la paura cresce, più tutto le sfugge letteralmente dalle mani. Ed è proprio per non fare del male e per non essere considerata un mostro che, esausta, scappa via, finalmente libera di essere se stessa:


 
Adoro questa sequenza e questa canzone. E’ il momento in cui Elsa realizza chi è veramente, capisce la portata dei suoi poteri e la capacità di realizzare cose belle, in sintonia con il freddo, con il ghiaccio e con la neve che tanto fanno parte di lei:
The cold never bothered me anyway”
Ciò che continua a tormentarla è però la convinzione di non essere in grado di stare vicino alle persone senza fare loro del male, la convinzione che l’unico modo per essere se stessa è la solitudine:


Sarà l’amore a farle capire che lei non è solo i suoi poteri; l’amore per sua sorella le rivelerà la sua capacità di amare e di essere una persona migliore, per se stessa prima di tutto.


 
Ora, ironia a parte, rimarrò sempre affezionata alle principesse storiche e, quando capiterà l’occasione, guarderò volentieri i capolavori che hanno segnato l’infanzia di tante bambine, ma sono davvero contenta e soddisfatta dell’evoluzione di questi personaggi e, se un giorno avrò una figlia, ma anche un figlio, preferirò senza ombra di dubbio mostrare loro l’intelligenza di Belle, il coraggio di Mulan, la determinazione di Tiana, la volontà di Rapunzel, la ribellione di Merida e l’altruismo di Elsa.
Miki.






Che dire, sono assolutamente d'accordo con quello che ha scritto Miki.
Siamo partiti da Biancaneve che sposa un principe che vede per la prima volta per arrivare ad Elsa che dice ad Anna "Non puoi sosare un uomo che hai appena conosciuto" 
Così come nelle vita il ruolo delle donne è cambiato, così anche le principesse Disney sono in qualche modo cresciute, insomma ogni principessa è figlia della sua epoca, e le bambine (e non solo) ci si possono identificare e in qualche modo crescere con loro.
Ci sarebbero altre principesse da nominare:Tiana che lavora per costruire il suo sogno e redimere il suo principe, Giselle che lascia il suo principe per un altro, Rapunzel che prende a padellate sul naso il suo (non molto) principe, ma non si poteva scrivere certo un poema, di fatto però ognuna di queste eroine ha qualcosa da dire.

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3 commenti:

  1. Sììììì la mia Rapunzola va di padellate che è una bellezza XD e vogliamo parlare del suo look nel finale?? Siamo tutti pazzi per questo post, brava Mikina!

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  2. Avrei voluto scriverne ancora e ancora... Purtroppo il tempo è quello che è, ma sono contenta che il messaggio emerga lo stesso.
    Un grande cambiamento dal mio punto di vista e spero che la Disney continui su questa strada.

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  3. Ma e' troppo bello questo post! Adoro la Disney <3 e non vedo l'ora di potermi vedere i vecchi e i nuovi film d'animazione con la mia bimba... se ti va passa a trovarmi! A presto! Erika giochidizucchero.blogspot.it

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