venerdì 11 dicembre 2015

Mini Cheesecake Cookie & Cream

Avete presente il gelato Haagen Dazs Cookie & Cream? Gelato alla vaniglia con pezzi di biscotto?
Ecco quello che ho cercato di fare con queste tortine è di riprodurre quel sapore.
A casa ho avuto pareri discordanti, qualcuno diceva che la vaniglia si sentiva tropo, ma le 13 tortine che ho preparato sono durate circa 12 ore, quindi direi che tutto sommato sono piaciute.

Ingredienti:
20/25 oreo
2 uova
1 cucchiaino di estratto di vaniglia (o i semi di una bacca di vaniglia)
100 gr di zucchero
250 gr di formaggio spalmabile tipo Phladelphia

Preparazione:
In una ciotola lavorate con le fruste le uova con lo zucchero, aggiungete poi anche la vaniglia, e il formaggio e continuate a lavorare fino ad ottenere una crema omogenea e senza grumi,
Posizionate sul fondo degli stampini da muffin un biscotto Oreo (io ho scoperto ultimamente gli stampi in cartoncino, che non necessitano della teglia, li trovo comodissimi, oltre che decorativi, e ormai utilizzo solo quelli, con buana pace delle mie due teglie per muffin).
Riempite lo stampino con la crema alla vaniglia e sbriciolate sulla superficie gli altri Oreo.
Infornate a 160° per 30 minuti.
Sfornate le tortine, lasciatele raffreddare e lasciatele in frigo per qualche ora prima di servire.




lunedì 7 dicembre 2015

Ritratto di Signora: Yeonmi Park


Buon Lunedì, eccoci come di consueto con il nostro appuntamento.
Questo mese è Francesca a raccontarci una storia che fa venire la pelle d'oca.

Yeonmi Park nasce nel 1993 a Hyesan, lungo la frontiera con la Cina.
Park come gli altri bambini viene addestrata all'adorazione divina dei leader e oltre alla scuola è la madre, infermiera dell'esercito della Corea del Nord a insegnare a lei e alla sorella maggiore Eunmi le regole di una sopravvivenza pacifica.

Mi è stato insegnato a non esprimere mai la mia opinione e a non fare domande, a seguire semplicemente quello che il governo ordinava di dire o pensare. Mia madre mi diceva di non sussurrare perché gli uccelli e i topi potevano sentirmi.

La sua infanzia non scorre felice perché la sua famiglia non ha cibo a sufficienza, tanto che finito il riso lei e la sorella mangiano libellule e cavallette e a 9 anni assiste all'esecuzione della madre della sua migliore amica. La colpa della donna? Aver visto film prodotti in Corea del Sud e averli fatti circolare tra gli amici!
Anche Yeonmi riesce una volta a vedere una copia pirata di un film, Titanic, dove scopre che gli americani non sono dei mostri occidentali come vogliono farle credere e capisce che la soluzione è fuggire.
La fuga verso la Cina avviene dopo che il padre, condannato a 17 anni di carcere per traffico nel mercato nero, riesce a uscire di prigione, luogo in cui viene torturato e privato di acqua e cibo, con l'aiuto di funzionari pubblici corrotti. E' molto debilitato e ha un cancro.

A partire però sono solo Park e la madre, perché la sorella maggiore fugge senza avvisarli e il padre decide di non partire per non rallentarle. 
Nella notte del 30 marzo 2007 con l'aiuto di trafficanti di esseri umani attraversano un fiume ghiacciato e tre montagne per entrare nel confine cinese. Uno dei trafficanti però le minaccia di denunciarle a meno che la madre non abbia rapporti sessuali con lui. La madre per la loro sicurezza accetta e viene violentata di fronte alla figlia.
Nello stesso anno riescono a far entrare anche il padre in Cina, ma nel gennaio del 2008 mentre vivono in segreto il padre muore per cancro al colon: aveva 45 anni.

Non ci fu nessun funerale. Niente. (…) Non potevo chiamare nessuno per dire che mio padre era morto.

Nel febbraio 2009 dopo aver ricevuto aiuto da attivisti dei diritti umani e missionari cristiani si recano in Mongolia per cercare asilo dai diplomatici coreani del sud. Quando raggiungono il confine mongolo vengono fermate e minacciate dalle guardie di essere riportate indietro. Park e la madre minacciano di uccidersi con i coltelli.

Ho pensato che fosse la fine della mia vita. (…)

Le loro azioni per fortuna persuadono le guardie che decidono di farle proseguire, ma vengono inserite sotto custodia presso un centro di detenzione nella capitale della Mongolia.
Il 1° aprile 2009 vengono mandate all'aeroporto, destinazione Seoul. Finalmente sono libere!
Park una volta arrivata in Corea del Sud si trova di fronte a un nuovo mondo.

Alla vista delle scale mobili non riuscivo a capire come mai la terra si muovesse. E in bagno la carta igienica era così profumata che non osavo usarla, per quanto era bella.

Dopo le prime difficoltà lei e la madre riescono a trovare un lavoro: Park come assistente di negozio e la madre come cameriera. Yeonmi continua anche la sua formazione all'università Dongguk di Seoul, e grazie all'intelligence sudcoreana riesce anche a riunirsi con la sorella maggiore Eunmi.
Yeonmi attraverso i libri (ne legge in media 100 all'anno) comprende molte cose. Con 1984 di Orwell vede la realtà del suo paese, tramite Jane Eyre trova le parole che esprimono la libertà e grazie ai romanzi comincia a comprendere anche la compassione.
(…) L'empatia va insegnata, ma non può sbocciare in una prigione con 25 milioni di persone.
Yeonmi Park ora ha 22 anni, è un'attivista che si batte per l'affermazione dei diritti nella Corea del Nord del dittatore Kim Jong-U, che vuole dar voce alle decine di migliaia di nordcoreani che scappano da un paese dove le esecuzioni ci sono tutti i giorni, è presente la censura su Internet, gli oppositori vengono dati in pasto ai cani e sono presenti i campi di lavoro, luoghi in cui vengono compiute atrocità simili a quelle commesse dai nazisti, dove si trovano almeno 120 mila prigionieri politici e anche bambini.
A ottobre Park ha partecipato al One Young World Summit dove si è confrontata con personaggi come Kofi Annan e ha scritto un libro La mia lotta per la libertà.

Non conoscevo la storia di questa ragazza e neanche tutto ciò che accade ogni giorno in Corea del Nord. Leggere la sua storia è stato commovente, ma mi ha fatto provare anche tanta rabbia perché non è giusto che una persona debba passare tutto ciò. Ho voluto dedicarle questo ritratto per aiutarla nel mio piccolo con la sua battaglia, visto che i media non ne fanno parola.
Al prossimo mese,
Francesca


Non conoscevo la storia di Yeonemi, e come lei chissà quanti altri. 
Le cose che questa ragazza ha dovuto affrontare nella sua breve vita sono al di là di quello che io posso immaginare, eppure  lei non si da per vinta e continua a combattere per far si che altri non debbano patire quello che è toccato a lei.

Come sempre potete leggere questo articolo sui blog di:
Monica Book Land
Miki Miki In The Pinkland
Francesa di Franci lettrice sognatrice
Daniela Un libro per amico

Grazie Fede, Monica, Miki, Francesca, Daniela

venerdì 4 dicembre 2015

Treccia con cioccolato

Ho visto video e foto di questa cosa ovunque, e aspettavo solo di avere 5 minuti (non scherzo parlo letteralmente di 5 minuti).
E finalmente ci sono riuscita.
La ricetta perfetta per un dolce che potrebbe risolvere una serata: ospiti improvvisi, una cena arrangiata e poi un dolcetto non vogliamo metterlo a tavola?
Questa è la risposta perfetta.

Ingredienti:
rotolo di pasta sfoglia
tavoletta di cioccolato
latte

Procedimento:
Stendete il rotolo di pasta sfoglia e posizionate la tavoletta di cioccolato al centro (potete usare la cioccolata che preferite, in questo caso ho utilizzato una tavoletta di cioccolato comprata al lidl con all'interno dei pezzi di biscotto simil'Oreo)
Tagliate la sfoglia in alto e in basso in modo da ripiegare la sfoglia sui lati corti.
Tagliate la sfoglia in strisce orizzontali perpendicolari ai lati lunghi della tavoletta, e incrociateli sopra di essa alternando le strisce di sfoglia,
Spennellate on un po' di latte e infornate a 200° per 25/30 minuti.
Sfornate e lasciate intiepidire prima di tagliarlo.



martedì 1 dicembre 2015

Estratto Mela, Carota, zenzero

Vi ho mai presentato l'ultimo entrato in famiglia?
Mi sa di no!
Questa estate ho comprato un estrattore di succhi e me ne sono innamorata.
 In generale i succhi mi piacciono, ma li trovo troppo dolci, e poi quelli che sanno veramente di frutta e non di acqua colorata sono decisamente costosi.
Inoltre vogliamo mettere la possibilità di scegliere e inventare il gusto del succo che vogliamo bere?!

Ingredienti:
2 mele verdi
2 arance
5 o 6 carote
2 cm di zenzero

Procedimento:
Pelate lo zenzero e tagliatelo a pezzetti, lavate la frutta e tagliatela in pezzi  non troppo grandi e fateli girare nell'estrattore
Io faccio passare tutto, bucce e semi compresi, verranno spremuti anche loro e separati poi dall'estrattore.
Da queste quantità ho ricavato circa mezzo litro di estratto.
Ricordatevi di agitare bene prima di bere.





lunedì 2 novembre 2015

Ritratto di Signora: Jordan Bone



Buon lunedì (con calma però che il fine settimana è stato difficile!) e bentornati con il nostro appuntamento.
Questo mese tocca a me parlarvi di una donna che mi ha colpito subito per la sua forza e la sua gioia di vivere





Ho “conosciuto” la donna di cui ho scelto di parlare solo poco tempo fa, non posso dire di averla seguita molto o di conoscerla benissimo, ma mi ha talmente colpito che non ho voluto aspettare.
Lei è Jordan Bone, una beauty blogger, e sul suo blog si presenta così:



“Hey, sono Jordan, ho 25 anni 

(26 ormai, il suo compleanno è stato giusto pochi giorni fa, aggiungo io)

e vivo a Norfolk, Regno Unito. 
Ho un meraviglioso spelndido fidanzato di nome Mike. 
Lo amo molto. 
Ho due cani pazzi: un chihuahua, Lola, di 6 anni e un Pomerania, Pumpkin, di 3.
Ho una famiglia meravigliosa che mi sostiene molto. Fortunata!”


Ricapitoliamo: Jordan è giovane, bella, bionda e con due occhi azzurri che fanno paura da quanto sono limpidi. È una beauty blogger e una yutber molto seguita (71.000 iscritti al suo canale).
È anche molto attiva su instagram (il social che seguo maggiormente e che adoro per la sua immediatezza) dove posta almeno un paio di foto al giorno con outfit, prodotti beauty e, ovviamente, i trucchi che realizza.
E quindi di che cosa stiamo parlando?
Basta continuare a leggere la sua presentazione:

“Beh non sono sempre stata così fortunata, anzi ad essere onesti sono stata molto lontana dall'esserlo”

Nel 2005, a soli 15 anni, a causa di un incidente d'auto si rompe la vertebra c6, e questo significa che si ritrova paralizzata dalla vita in giù.
Nell'età in cui le ragazze escono a divertirsi, studiano, crescono, Jordan si rtirova ad affrontare una sfida enorme.
Una sfida che guardando il suo blog è riuscita a vincere grazie soprattutto alla sua positività (oltre ovviamente al sostegno delle persone che ama).
Ora partecipa a programmi che servono a mettere in guarda i giovani sui rischi di una guida spericolata, e li sporna raccontando la sua storia e ripetendo loro:


“Sei incredibile, non invincibile”


Penso che già questo basterebbe a spiegare perchè ho pensato di parlavi di Jordan, ma c'è ancora una parte della storia da raccontare, che poi è il motivo per cui l'ho conosciuta.
Come ho detto, è una beauty blogger e una youtuber seguita, ha una tecnica di trucco molto particolare che nel montaggio finale dei suoi video si percepisce, ma non si capisce.
Jordan infatti ha scelto di tenere la disabilità fuori dai suoi video perché diventare una beauty blogger è stato il suo modo di dimostrare al mondo che era sempre la stessa, anche dopo l'incidente. 

"Essere sulla sedia a rotelle non era nei miei piani,

perciò non ho voluto che la gente lo vedesse"


Nel tempo però chi la seguiva si è accorto che c'era qualcosa di strano nella sua tecnica e sempre più insistentemente le chiedevano che problemi avesse con le mani.
Alla fine Jordan ha deciso di girare un video dove mostra tutte le parti che normalmente tagliava.
Sempre in seguito al suo incidente ha una mobilità delle mani molto limitata, ma nonostante questo riesce a creare dei trucchi stupendi (che personalmente, con tutte le mia capacità motorie intatte, nemmeno mi sogno).



E in questo video dal titolo #MyBeautifulStruggle mostra il “dietro le quinte” dei suoi video, la difficoltà nell'impugnare i pennelli o nell'aprire un contenitore. Movimenti che noi compiamo tutti i giorni senza nemmeno doverci pensare per lei sono una sfida continua, ha dovuto inventare un modo tutto nuovo per compiere questi piccoli gesti.
E invita tutti quelli che la seguono a condividre le sfide che hanno dovuto affrontate usando l'hastag che lei ha scelto come titolo per il suo video.
So che può sembrare una cosa di poco conto, si potrebbe pensare che con tutti i problemi che ha dovuto affrontare, concentrarsi sulla capacità di truccarsi sia quasi superficiale.
Ma è proprio quello che mi ha colpito di più, personalmente credo che sia proprio in queste piccole cose di secondaria importanza che ha dimostrato ancora di più la sua forza.
Sarebbe stato semplice lasciare perdere il trucco, lasciare perdere youtube, e l'idea di diventare blogger, ma quello era il suo obiettivo e ha fatto di tutto per raggiungerlo.



Come sempre potete leggere questo articolo sui blog di:
Monica Book Land
Miki Miki In The Pinkland
Francesa di Franci lettrice sognatrice
Daniela Un libro per amico

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martedì 13 ottobre 2015

Ciambellone allo Yogurt

Una torta semplice da fare e perfetta per una prima colazione da inzuppare nel latte.
Oppure con un po' di pana e di frutta si guarnisce velocemente rendendola un bellissimo dessert da presentare in tavola.
Non vi dico che ho fatto questa torta per il mio compleanno ad Aprile, visto che sono passati solo sei mesi.

Ingredienti per 6 persone:
3 uova
3 vasetti di farina
2 vasetti di zucchero
1 vasetto di yogurt al naturale
1 vasetto di olio di semi
1 bustina di lievito per dolci
2 cucchiai di latte
burro q.b.
zucchero a velo q.b.

Procedimento:
Frulla uova, farina, yogurt, zucchero, olio, lievito e latte fino ad ottenere un composto ben amalgamato.
Imburra ed infarina uno stampo a ciambella da 24 cm di diametro, spolverizzatelo di zucchero, versa il composto e cuoci a 180°C per 30 minuti.
Lascia intiepidire il ciambellone poi sformalo.


Una volta raffreddata la torta si può completare con una spolverata di zucchero a velo, oppure, come dicevo prima, si può decorare.
Ho tagliato il ciambellone a metà e steso la panna sulla superficie e ricoperto con fragole tagliate a pezzi,
Dopo aver richiuso riposizionato parte superiore ho creato con la panna delle rose e posizionato al centro di ciascuna fragole intere



venerdì 9 ottobre 2015

Torta Stregatto

Questa non sarà una vera e propria ricetta, anzi niente numeri e una lista di ingredienti forse un po' insolita, ma vorrei condividere una piccola "scoperta "
che ho fatto tempo fa su Pinterest (qui accanto trovate il link al mio profilo, anche se ultimamente anche quello è stato un po' trascurato)
Comunque è un metodo per creare delle decorazioni ottimo, semplice e d'effetto.
Io l'ho utilizzato per aggiungere un tocco in più per la torta di compleanno per mia sorella (parliamo solo di 6 mesi fa, suvvia, non è mica passato così tanto tempo!)

Ingredienti:
pan di spagna
creama
pasta di zucchero
cialde di riso per involtini primavera
coloranti alimentari
pennarelli per alimenti
sagome
colla per alimenti

Preparazione:
Dopo aver assemblato una semplice torta di pan di spagna e crema (due strati viola e uno fucsia), l'ho coperta con la panna e rivestita con la pasta di zucchero fucsia,
Una volta fatto ciò ho steso la pasta di zucchero viola e tagliato delle strisce larghe circa 2-3 cm per posizionarle sulla torta fissandole con la colla alimentare.
Ho stampato un disegno dello Stregatto e ho ritagliato la sagoma delle varie parti del volto che volevo riprodurre.
Dopo aver ritagliato ogni parte nella pasta di zucchero nei colori le ho sovrapposte incollandole per riprodurre l'immagine e l'ho poi incollata sulla torta.
Per concludere, e questa è la scoperta che vorrei condividere con voi, ho utilizzato le cialde che si usano per fare gli involtini primavera per fare delle decorazioni in stile Alice nel Paese delle Meraviglie.
Dopo aver trovato dei disegni che mi piacessero (il cappello del Cappellaio Matto, l'orologio del Bianconiglio, e ovviamente la scritta We are all made here) li ho stampati e vi ho posizionato sopra la cialda di riso ricalcandola con i pennarelli alimentari.
Io li ho ritagliati usando il bisturi, facendo molta attenzione perché la cialda essendo rigida tende a spezzarsi.
Ho colorato i disegni come più mi piacevano e poi li ho incollati su degli stuzzicadenti per posizionarli poi in verticale sopra la torta,
Trovo questa tecnica ottima per chi come me non sa disegnare, basta posizionare la cialda sopra un disegno come se fosse carta da lucido e il gioco è fatto.
Al supermercato e nei negozi di pasticceria si trovano le cialde di ostia disegnate da porre sulle proprie torte, ma, e sono sicura non sia successo solo a me, non sempre si trovano i disegni che si vorrebbe, In questo modo il problema è risolto.







mercoledì 7 ottobre 2015

Riso salmone zucchine e lime

Ho provato questa ricetta in estate, quasi faceva caldissimo. E infatti l'abbiamo mangiata fredda come un'insalata, ma secondo me sarebbe ottima anche calda.
Anzi devo assolutamente rifarlo ora che fa più fresco perché era proprio buono.

Ingredienti (per 4 persone):
250 gr di riso basati
2 zucchine
200 gr di salmone affumicato
2 lime
Sale
Olio extravergine

Preparazione:
Tagliate a cubetti le zucchine e fatele saltare i una padella molto calda senza aggiungere nulla. Devono dorare leggermente all'esterno ma rimanere comunque croccanti.
Nel  frattempo portate ad ebollizione una pentola di acqua salata e lessate il riso.
Una volta cotto il riso scolarlo e freddarlo veocemente sotto l'acqua fredda.
Condire il riso con un filo d'olio in modo che non si attacchi. Mescolarlo con le zucchine, il salmone fatto a strisce e il succo dei due lime.


lunedì 5 ottobre 2015

Ritratto di Signora: Lucia Annibali




Buon Lunedì.
Siamo già ad Ottobre, e vorrei essere decisamente più presente, non avendo altri appuntamenti fissi negli ultimi mesi ricompaio solo all'inizio del mese, ma prima o poi riuscirò a riprendere in mano la situazione.
Nel frattempo leggiamo insieme il ritratto che questo mese ha scritto Daniela per noi.

Oggi ho scelto di parlarvi di una donna di cui sicuramente tutti avete sentito parlare ma il cui nome magari non collegate immediatamente alla storia. Anche io, come tutti ne avevo sentito parlare ma ho potuto approfondirne la conoscenza leggendo il suo libro "Io ci sono. La mia storia di non amore" edito da Rizzoli dove in prima persona racconta quello di cui adesso vi parlerò.
Lucia Annibali, una forza disarmante, un coraggio non facile da trovare e che può insegnare moltissimo su come affrontare le difficoltà. E qui non parliamo di una difficoltà qualunque. È il 16 aprile 2013  quando Lucia viene sfregiata al volto con l’acido da due albanesi all’interno del suo appartamento. Lei non ha dubbi, il mandante è Luca Varani,  avvocato di successo con cui ha avuto una relazione che da tempo la perseguita.

Un uomo sicuramente disturbato - perchè una persona che arriva ad un gesto del genere non può essere una persona normale, non posso crederci - ma assolutamente lucido e in sè quando organizza un piano così tremendo, andando ad acquistare l'acido necessario, assoldando due sicari per portarlo a compimento, pensando a possibili alibi che possano scagionarlo. 
Lucia è la vittima di un amore "non amore" di un uomo che non si è mai totalmente legato a lei ma che comunque non vuole lasciarla andare, Lucia è una forza della natura per l'atteggiamento che da subito assume verso quello che le è successo, trovando la forza per reagire ed anche quella per non far pesare sugli altri la sua sofferenza.
Non è facile leggere questo libro senza provare odio verso l'uomo che è stato capace di provocare tanta sofferenza, non so come faccia Lucia a non farlo emergere dalle sue parole che risultano sempre di amore verso la vita e di speranza per il futuro.
Ci racconta di come tutto è cominciato, quasi per caso, una storia come tante. Avvocato lei, avvocato lui, ci si incontra per lavoro e nasce qualcosa. È una relazione strana la loro, non è ufficiale, Luca tende sempre a scappare ad un certo orario, a non farsi vedere in pubblico, a non rendere la cosa una vera relazione.
Finchè Lucia non inizia ad insospettirsi e scopre un'altra donna, non un'amante passeggera ma una relazione che va avanti da anni e che comprende anche una convivenza. Si lasciano, poi lui ritorna, accampa bugie su bugie riguardo all'altra relazione; ogni volta però la situazione non cambia. Lui è ossessivo, la perseguita, la contatta continuamente, si presenta fuori dalla sua porta, cerca di riavvicinarsi a lei dicendole che con l'altra è tutto finito ma ogni sua parola è una bugia e Lucia lo sa per certo dopo che parla con Ada, l'altra, e in un confronto a tre lui ammette. Ma tutto torna a breve come prima e Lucia nonostante il grande dolore non riesce a staccarsi da quello che per lei, in quel momento, è vero amore.
Seppi dopo che avevo visto giusto: in qualche modo rattopparono lo strappo, erano ancora una coppia. Ricucito con lei, ricominciò a imporsi con me. Aveva scelto ancora lei, mi aveva mortificata, eppure mi cercava, voleva di nuovo il mondo anche da me, e la cosa più assurda di tutte è che mi mancava ancora.
Lo odiavo, ma ero felice di vederlo. Volevo che scomparisse, ma avrei fatto di tutto per parlare con lui ancora un po'. Mi nutrivo della sua presenza. Lo cercavo dove sapevo che sarebbe potuto essere.
Lucia diventa la sua amante, non può rinunciare a lui e sa che l'unico modo per averlo è dividerlo con l'altra.
Ma nonostante questo Lucia non è libera, lui controlla i suoi messaggi, è geloso di una sua possibile ed inesistente storia con qualcuno finchè una sera durante una discussione le dà due schiaffi e in lei scatta qualcosa che la porta a cacciarlo. Neanche questa è la volta buona, lui torna nuovamente alla carica dicendole che con l'altra è finita, che vuole solo lei, che cambierà tutto ma... non cambia nulla, fino al punto decisivo.
Ero esausta, lo detestavo, vederlo mi provocava un senso di nausea, non riuscivo più nemmeno a fantasticare su un possibile futuro insieme. Fine della corsa. Fine della strada.
Provò con la dolcezza: "Parliamone", "Dammi un'altra possibilità, una sola". Eravamo a casa mia. Mi salutò più di una volta senza andarsene e a ogni ciao mi diede un bacio sulla guancia. All'ennesimo chiesi un po' seccata: "Ancora?" Mi arrivò un ceffone violento, inatteso, irreparabile.[...] Ebbi quel giorno la certezza che da lì in poi avrei resistito ai suoi tentativi di ritorno, che non potevo umiliare me stessa fino a quel punto.
E Lucia resiste ma anche lui non molla, cominciano pedinamenti, insulti, minacce, fino alla sera dell'acido. Solo allora Lucia scopre che le manomissioni al suo impianto del gas quella volta in cui aveva chiamato un tecnico per una perdita erano opera sua, solo allora scopre che era riuscito a fare un duplicato delle chiavi della macchina e di quelle di casa, solo allora scopre di aver scampato qualche giorno prima del 16 aprile 2003 ad un altro attacco con l'acido.
Quella che noi conosciamo grazie al libro è una Lucia che ripercorre tutta la sua storia mettendo insieme tasselli del passato a cui ora riesce a guardare più lucidamente; ripensa ai campanelli di allarme che erano scattati nella sua mente tante, tante volte, cui lei non ha mai dato ascolto; capisce quanto sia stata fortunata ad essere ancora in vita, nonostante tutto. Perchè Lucia sopravvive a quell'attacco con la faccia completamente deturpata dall'acido, priva della vista e con una mano devastata.
Solo un'equipe medica di primo livello come quella che trova a Parma e numerosissime e dolorosissime operazioni di ricustruzione riusciranno a portarla all'immagine della ragazza che possiamo conoscere oggi, segnata ma orgogliosa di mostrare il suo volto che è simbolo della sua forza e del suo coraggio.
Anche solo immaginare la sofferenza che questa donna possa aver provato è quasi impossibile; senza riserve nel libro ci spiega nel dettaglio gli interventi subiti, i giorni post operazione, la paura di rimanere cieca.
Sono di nuovo ferma come una statua, di nuovo sotto un cumulo di bende, ancora una volta priva della più piccola forma di autonomiae sofferente più che mai.
Una donna che dimostra quanto la sofferenza possa essere uno stimolo per fare qualcosa per gli altri. Una forza racchiusa tutta nella dedica del libro:
A tutti gli ustioniati che ogni giorno soffrono per riconquistare un pezzetto di vita. Siate orgogliosi dei segni che resteranno sulla vostra pelle perche ogni piccola cicatrice sarà per sempre testimone della vostra forza.
Luca Varani è stato condannato a 20 anni - pena massima che, consentitemi, è una pena ridicola - come mandante dell'accaduto.
Oggi Lucia cerca di essere un esempio per tutte le donne vittime del "non amore".
Vi consiglio di leggere questo libro, se ancora non lo avete fatto!


Non conoscevo, o non ricordavo, la storia di Lucia, e ringrazio Daniela per averla riportata sotto i riflettori.
Troppe donne sono vittime di questi rapporti malati, di questo non amore, e più saranno quelle che come Lucia trovano il coraggio di alzare la testa e andare avanti, e meglio sarà per tutti.

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Daniela  Un libro per amico


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lunedì 7 settembre 2015

Ritratto di Signora: Vivian Maier


Buongiorno e buon lunedì.
L'estate e le vacanze volgono al termine e noi ritorniamo con la nostra rubrica.
E lo facciamo con il bellissimo ritratto che ci propone la nostra Miki.

Come ogni mattina, sono i rumori che provengono dalla cucina a svegliarmi. Rose, la cuoca, è la prima ad alzarsi, si mette subito al lavoro per preparare la colazione. Io la seguo a ruota.
Mi alzo, spalanco la finestra e, nonostante la camera non goda di una bella vista, rimango ad osservare per qualche minuto New York, in quel momento magico in cui si intrecciano i cammini delle persone. C'è chi mette fine ad una lunga notte e sta tornando a casa e chi si affretta ad iniziare la giornata. Il tutto circondato da quella che è la stagione che più dona a questa città: l'autunno.
Guardo le foglie per terra e mi chiedo se riuscirò mai a coglierne i colori. Un pensiero breve, da cui vengo distolta subito.
Il signor Smith, circondato dai suoi giornali, se la dorme beatamente. Stasera pagherà cara la sua debolezza, quando la moglie farà i conti e si accorgerà di quante copie gli sono state rubate sotto al naso.
La signora Harris, bambinaia dei Cooper, è già in strada con Alice ed Amber, che assonnate vorrebbero sicuramente tornare a letto piuttosto che andare a scuola.
Mi giro verso destra ed eccole lì. Puntuali, la signora Hockley e la signora Dawson, con le loro orribili volpi spelacchiate attorno al collo, si recano alla parrocchia per la funzione del mattino. Da lontano il loro aspetto sembra sofisticato ma da vicino è solo pretenzioso. I cappotti sono consumati lungo l'orlo e sui gomiti. Le velette dei loro cappellini stracciate in più punti. Le calze in lana grezza hanno sostituito la seta. E nei loro sguardi duri e segnati tutta la rabbia per aver perduto un patrimonio e la dignità in quel maledetto 24 Ottobre.
Vorrei continuare ad osservare, scrutare, scoprire, ma prima il dovere.
Di fronte alla porta della mia stanza, lavata e vestita, liscio le pieghe della gonna, sistemo il colletto della camicia e guardo l'orologio. Trenta secondi. Il tempo di mettere al collo la mia
Rolleiflex e sono pronta. Puntuale. Come sempre.
Giro il chiavistello, levo la catena, sblocco la serratura e con un profondo respiro esco fuori dalla mia camera. Dalla mia tana. Dalla mia sicurezza.
Scendo le scale ed entro in cucina.
- Buongiorno Miss Maier
- Buongiorno Rose - dico senza nemmeno sollevare lo sguardo. Aspetto un attimo, trovo la luce giusta e scatto.
Vivian Maier non sarebbe stata nessuno se, quel giorno del 2007, John Maloof, giornalista che voleva scrivere un libro su Chicago, non si fosse imbattuto in lei per caso. A John servivano fotografie per il suo libro e quella cassa piena di negativi prometteva bene. Aggiudicarsela all'asta fu semplice e relativamente poco dispendioso.
Una volta a casa, dopo un rapido sguardo, John capì che sfortunatamente lì dentro non c'era nulla che potesse servirgli, ma poco tempo dopo, prestando maggiore attenzione, realizzò che per 380$ aveva portato a casa un tesoro.
Seguendo piccoli indizi, scoprendo informazioni importanti, digitalizzando alcuni negativi, John Maloof inizia a sviluppare una vera e propria ossessione per Vivian Maier. Ed è proprio grazie a questa ossessione che oggi sappiamo di trovarci di fronte ad una delle fotografe più talentuose del '900, una pioniera della street photography, una donna misteriosa con una storia singolare ed a tratti controversa.


Paradossale, forte, eccentrica, misteriosa, audace, riservata. Questi sono alcuni degli aggettivi usati dalle persone che l'hanno conosciuta e che Maloof ha intervistato.
Attraverso queste testimonianze, si può tracciare un ritratto di Vivian abbastanza accurato, che cambia notevolemente con il passare del tempo e che vede emergere delle zone d'ombra, oscure ed inquetanti, tanto da avvolgerla completamente negli ultimi anni della sua vita.
Nessuno può dire di conoscerla bene. Non ha mai avuto una famiglia sua e nessun vero amico.
C'è chi crede fosse di origini francesi e chi invece pensa che lei si sforzasse a parlare con quell'accento. Alcuni la descrivono come una bambinaia eccezionale, attenta, instancabile. Altri la definiscono paranoica, severa, a tratti cattiva.
"Era come una mamma per noi."
Tutti ricordano perfettamente la sua riservatezza. In ogni casa in cui ha risieduto, la prima richiesta era l'installazione di una serratura alla porta della sua stanza. Nessuno aveva il permesso di entrare lì dentro.
E poi c'era la sua Rolleiflex, perennemente al collo, pronta a scattare, la macchina fotografica perfetta per fotografare in incognito. A Vivian bastava abbassare lo sguardo per immortalare la scena. Non necessitava di pose particolari, aspettava solo il momento giusto, spesso lasciando il soggetto perplesso a chiedersi chi fosse quella donna e perché lo avesse fotografato.
Bambini, donne, uomini, ricchi, poveri, mendicanti, storpi, il suo obiettivo fotografico non risparmiava nessuno. Era come se Vivian volesse immortalare l'intera gamma delle emozioni umane. E non solo.
Miss Maier, così voleva essere chiamata, era un'accumulatrice compulsiva. Ed è proprio grazie a questa sua caratteristica che Maloof ha potuto scoprire così tanto su di lei.
Immaginate come sia stato per lui ritrovarsi di fronte ad un magazzino completamente stipato di scatoloni contenenti qualsiasi cosa. Dalle ricevute ai biglietti del pullman, da scarpe e cappelli a ritagli di giornale. Oltre a tutto ciò, centinaia di migliaia di negativi. Sì, avete capito bene.
La vita di Vivian potrebbe essere paragonata a quella della poetessa Emily Dickinson, la cui produzione non è mai stata divulgata dalla stessa e talvolta persino nascosta in posti impensabili.
Ma, a differenza della Dickinson, la Maier ha avuto una vita molto lunga ed intensa, ed un'attività fotografica davvero prolifica.
"La mia prima reazione quando ho visto il suo lavoro, era quel tipo di gioia che provi quando ricevi una sorpresa e senti che qualcuno, fino a quel momento da scoprire, rende improvvisamente disponibile il suo lavoro. E sembra così buono.
Sembra che ci sia un occhio autentico ed un vero e proprio esperto sulla natura umana e la fotografia e la strada e quel genere di cose che non accadono spesso.
"Aveva un grande occhio ed un grande senso dell'inquadratura.
Aveva il senso dell'umorismo ed il senso della tragedia.
Quelle foto con i bambini sono bellissime.
Bellissima sensazione di luce, ambiente.
Lei aveva tutto.
Più John scopre della vita di Vivian, più fotografie sviluppa, più avverte la sensazione che ci sia un pezzo mancante.
Perché una tata è così appassionata di fotografia?
Perché non ha mai sviluppato il suo lavoro?
Cosa l'ha spinta a tale costrizione?
Chi era Vivian Maier?
"Era una donna diversa dalle altre. Indossava grandi cappotti con cappelli di feltro. Era come se nascondesse sempre le sue forme. Era molto alta e le piaceva indossare camicie da uomo. Camminava sbattendo i tacchi e facendo oscillare le braccia come un soldato. Aveva sempre la sua macchina fotografica attorno al collo."
Il mestiere della tata era per Vivian l'opportunità di fare qualcosa che le permettesse di stare dentro e fuori dal mondo. Questo le dava un certo senso di libertà. Aveva un rifugio, non doveva preoccuparsi di sbarcare il lunario, e, soprattutto, aveva tempo per la fotografia.
Ad un certo punto John Maloof comincia a chiedersi se divulgare il suo lavoro non sia una sorta di torto, un'ingiustizia nei confronti di questa donna misteriosa.
Cosa penserebbe Vivian?
Ne sarebbe felice?
Vivianne Maier nasce a New York il primo Febbraio 1926, da madre francese, Marie. Il padre scompare quando lei è molto piccola ed ha un fratello maggiore di cui non si sa nulla. Non ha rapporti con nessun membro della sua famiglia, tanto che l'unica zia che le rimane scrive nel testamento di non voler lasciare nemmeno un centesimo ai suoi parenti, per motivi gravi, di cui solo lei ed alcuni amici sono a conoscenza.
Comincia a lavorare come operaia in un'industria tessile, ma proprio per la sua voglia di libertà inizia a fare la tata. New York, Chicago, Philadelphia e tanti altri sono i posti raggiunti dalla donna. Un'altra sua caratteristica infatti è proprio quella di non voler mettere radici, fino al momento in cui gli Stati Uniti non sono più abbastanza.
Bangkok, India, Thailandia, Egitto, Yemen, Sud America, Europa... Per otto mesi, Vivian viaggia da sola, scattando migliaia di foto in giro per il mondo.
Grazie ad alcune foto e lettere, John riesce a risalire al paesino francese di provenienza, Saint-Bonnet en Champsaur, sulle Alpi. Lì ci sono persone che si ricordano di Vivian e si ricordano di lei proprio perché era diversa.
"In quel periodo - dice il sindaco del paesino, riferendosi agli anni '40 - le foto si facevano il giorno della comunione o del matrimonio. Vivian percorreva le vie di Champsaur e impazziva di fronte ad una montagna, o per qualcuno che lavorava nei campi. Per noi era davvero bizzarro."
E' mamma Marie ad aver trasmesso la passione per la fotografia a sua figlia. o almeno è questo ciò che John deduce quando un cugino di Vivian gli mostra una macchina fotografica appartenuta a sua madre ed alcune foto che la ritraggono molto piccola.

A Champsaur, inaspettatamente, Maloof trova più risposte di quante immaginasse.
"Caro signor Simon,
spesso guardo i miei vecchi capolavori di Champsaur, che voi avete ingrandito per me in cartoline. Adoro guardare questi bellissimi paesaggi e mi fanno pensare a lei. Questo è il mio problema. Mi chiedo se potessimo fare insieme degli affari, malgrado la distanza che ci separa. Adoro vedere lavori come i suoi, che sono molto difficili, come avrete senza dubbio notato.
Forse potrei inviarle i miei scatti per farli stampare. Ho un mucchio di scatti magnifici, che ho scattato con la mia nuova macchina Rolleiflex. Ho fatto tantissimi esperimenti da quando sono tornata negli USA e non sono così cattivi, anche se lo dico io stessa. E quando dico un mucchio, intendo un'enorme quantità.
Concludendo, non voglio alcun effetto patinato, preferisco un semi effetto. Usi la stessa carta che ha già usato per le mie altre cartoline. Ed infine mi faccia sapere cosa pensa della mia idea."
Questa lettera dimostra che Vivian sa di essere una brava fotograva, è consapevole del valore dei suoi lavori ed avrebbe voluto mostrarli alla gente.
Una spinta in più per continuare questo viaggio alla scoperta di una grande artista.

A poco a poco, all'idea di una donna particolare, intraprendente ed entusiasta se ne sovrappone un'altra, sicuramente inaspettata.
Sono gli ultimi bambini che Vivian ha cresciuto a ricordare la donna come una persona estremamente intransigente, distaccata, cattiva, a tratti disturbata.
Miss Maier è stata la governante di Inger dai cinque agli undici anni. La bambina compare in diversi scatti della sua tata. La portava a fare delle lunghe passeggiate, inoltrandosi nelle zone peggiori della città, luoghi in cui i genitori di Inger non avrebbero mai permesso che andasse.
E' la stessa Inger a raccontare, per la prima volta, che Vivian la forzava a mangiare: "
Lei mi teneva giù e mi spingeva il cibo in gola, facendomi soffocare. E lo avrebbe fatto ancora e ancora. C'era molto di più di un lato oscuro in lei. La prima volta che mi ha colpito è stata quando avevo cinque anni, perché stavo imparando ad allacciarmi le scarpe. E non lo facevo bene. Ha iniziato a sbattermi la testa sulla libreria."
Vivian Maier ha una vera e propria ossessione per i quotidiani, che legge avidamente e che conserva stipati in alte colonne che arrivano fino al soffitto della sua stanza.
"Aveva una passione per le cose bizzarre, grottesche, incongrue. Non era interessata alla dolcezza ed alla luce. Le piacevano i titoli che rivelavano la follia dell'individuo."
Sfogliando i ritagli di giornale, rigorosamente catalogati e conservati, Maloof nota una certa ricorrenza di parole come abuso su minore, violenza, stupro, vittima, vendetta, omicidio.
"Era cattiva. Non so come altro dirlo. Non so se avesse un lato oscuro. Ricordo che una volta mi disse 'Questi uomini vorranno che tu ti sieda sulle loro ginocchia. E dopo sentirai qualcosa che ti sta frugando.' Lei aveva questa rabbia nei confronti degli uomini."
"L'ho vista saltare indietro per la paura più di una volta, sai, a causa di un uomo. Diceva che non fanno altro che rovinarti e avrei dovuto fare attenzione e stare lontana da loro. Tutto ciò che vogliono è il sesso."
"Aveva paura di essere toccata."
E' inquietante ed orribile l'ipotesi che si fa strada ascoltando queste testimonianze. Una violenza, un abuso spiegherebbero il suo comportamento, spiegherebbero perché con il passare del tempo lei si sia lasciata sempre più travolgere dall'orrore vissuto, dalla rabbia, che ha finito per riversare sugli altri.
Quando una sua datrice di lavoro le confida di voler adottare un bambino, Vivien dice: "Se volete prendervi cura di qualcuno, perché non vi prendete cura di me?"
Negli ultimi anni della sua vita, Miss Maier è completamente sola, seduta su una panchina nel parco, con il suo cappello sbilenco ed una lattina di cibo freddo, pronta ad urlare contro chiunque le rivolga la parola. La fine di una vita intensa, passata ad osservare il mondo da dietro un obiettivo, come fosse una protezione. La macchina fotografica è stata per Vivian una sorta di tramite, un contatto con il mondo che non avrebbe potuto farle del male. Non stavolta.
"Dovete tentare di disegnare, partendo dalle evidenze che avete, una certa comprensione dell'individuo. Credo che le sue foto mostrino tenerezza, immediata allerta per le tragedie umane e quei momenti di generosità e dolcezza. la vedo come una persona estremamente vigile, attenta, premurosa. E probabilmente faceva la tata perché aveva queste capacità."
(Joel Meyerowitz)
"Nel 1962, quando ha scattato tante fotografie, i bambini giocavano sempre negli anfratti. E' il più bel posto nel mondo. Andava sempre lì perché voleva che i bambini stessero un po' nella natura. C'era una macchia di fragole selvatiche lì da qualche parte.
A lei piaceva così tanto.
Per questo l'hanno sepolta lì.
E' un luogo dove loro la ricordavano felice."
FINDING VIVIAN MAIER


lunedì 6 luglio 2015

Ritratto di Signora: Bethany Hamilton

Benvenuti in questo caldissimo lunedì, prima di uscire di casa a squagliarmi sotto il sole vi lascio il buongiorno con il ritratto preparato da Monica

Quando ero piccola, di solito, i miei genitori mi mandavano al mare con la nonna.
Ora, voi dovete sapere, che la mia nonna (tuttora viva e vegeta alla veneranda età di 93 anni), non è la classica nonna delle favole.
Non ha i capelli bianchi, non è particolarmente sdolcinata e non lo era neanche una trentina di anni fa, quando portava me e mia cugina a Rimini.

Se c’è una cosa che ricordo di quelle vacanze estive è il cinema all’aperto… e cosa poteva farci vedere la nostra dolce nonnina in un luogo di mare? Film come “L’orca Assassina” “Lo squalo 1-2-3” vi dicono qualcosa?

Secondo me il suo intento era quello di tenerci recluse sotto l’ombrellone, in modo da poter fare gossip con le vicine di lettino e non dover correre dentro e fuori dall’acqua ogni tre secondi.
Devo dire che il suo piano malefico era perfetto, perché una volta che vedi lo squalo aprire la bocca e inghiottire decine di persone, con tanto di sangue e urla strazianti, la voglia di andare in acqua ti passa eccome.

Tutta questa premessa, un po’ insolita, è dovuta al fatto che oggi vorrei parlarvi di una donna molto coraggiosa, che risponde al nome di Bethany Hamilton.

Bethany è una surfista professionista, e ho conosciuto la sua storia attraverso il film “Soul Surfer”, con la splendida AnnaSophia Robb.

Quando aveva tredici anni, Bethany, che da sempre sognava di diventare una surfista professionista, era in acqua e si stava riposando sulla sua tavola da surf. Improvvisamente qualcosa la trascino sott’acqua, e Bethany ne riemerse con il braccio sinistro completamente amputato all’altezza della spalla. Uno squalo l’aveva attaccata.
Per fortuna Bethany non era sola, la sua migliore amica e la sua famiglia erano con lei.
L’aiutarono a tornare a riva, e quando la ragazzina arrivò all’ospedale aveva perso il 60% del sangue presente nel suo corpo.

Il fatto che Bethany sia sopravvissuta quel giorno può essere definito un miracolo, dovuto anche alla prontezza di chi l’ha soccorsa e alla bravura dei medici che la operarono.
Ora, provate ad immaginare quanto deve essere stato difficile, per questa ragazzina che era poco più di una bambina, trovare la forza di andare avanti.

Non solo non poteva più surfare (si sa che l’equilibro per un surfista è tutto), ma doveva fare i conti con un corpo completamente diverso e una menomazione non facile da mostrare.

Eppure Bethany non si è arresa. Con forza e coraggio, sostenuta dalla sua famiglia, è rientrata in acqua. Già solo per questo le darei una medaglia: io ero terrorizzata dopo aver visto un film, lei è stata realmente attaccata e ferita.
Con determinazione, e grazie all’aiuto di suo padre che le ha costruito una tavola da Surf su misura, Bethany ha ripreso in mano la sua vita. Allenandosi costantemente, un anno mezzo dopo l’incidente, Bethany ha partecipato alla sua prima gara ufficiale.

Una ragazza forte, coraggiosa, che ha guardato in faccia tutte le sue paure e non si è arresa. Vorrei più esempi sportivi come il suo a questo mondo. Vorrei più donne come lei…
Bethany continua a competere, si è sposata, e da qualche giorno è anche diventata mamma. Le sue meravigliose foto con il pancione in acqua mi hanno profondamente commossa. 

Non so se i piani diabolici di mia nonna fossero tanto adatti a due bambine di undici e sei anni, ma dopo tanti anni ricordo con piacere quelle estati. Sono convinta che lo squalo abbia attaccato Bethany magari perché infastidito dai suoi movimenti, e sono felice che lei abbia trovato la forza per reagire e tornare a fare quello che più ama. Ogni giorno ci possono capitare cose orribili, ma possiamo prendere esempio da ragazze come lei, e non arrenderci… tutti abbiamo diritto ad una seconda possibilità.
A presto
Monica

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Bethany_Hamilton



Che altro posso aggiungere alle parole di Monica, questa ragazza è il perfetto esempio di quanto la forza e la determinazione che abbiamo dentro di noi posso non fare la differenza ogni giorno.

Come sempre vi ricordo che potete trovare la nostra rubrica nei blog di 
Daniela  Un libro per amico

Grazie Fede, Monica, Miki, Francesca, Daniela


lunedì 1 giugno 2015

Ritratto di Signora: Whoopi Goldberg

Ho delle grosse difficoltà quando il lunedì cade nel mezzo di un ponte.
Sì potrei (dovrei) organizzarmi, ma come è evidente ormai non sono quel tipo di persona.
Vi lascio subito al ritratto di Francesca.


Per questo ritratto ho deciso di parlare di una donna che nel corso degli anni è riuscita a farmi ridere
di gusto: Caryn Elaine Johnson, in arte Whoopi Goldberg.
La nascita del suo nome è già un programma e fa capire già il suo senso dell'umorismo, perché
deriva dai cuscini che emettono il suono della flatulenza. Una donna le aveva detto: "se fossi tua
madre ti chiamerei Whoopi perché quando sei triste emetti un suono simile a quello di un whoopee
cushion" e così chi aveva ascoltato queste parole cominciò a chiamarla così, mentre il cognome
Goldberg, perché lo portavano i suoi lontani antenati.
A 17 anni capisce che la sua strada è la recitazione, così inizia la sua lunga carriera.
Alcuni dei film con i quali ha vinto dei premi sono anche i miei preferiti, partendo nel 1991 con
l'Oscar e il Golden Globe come miglior attrice non protagonista vinti con “Ghost – Fantasma”, un
film che ho guardato e riguardato quando ero piccola, che mi faceva ridere quando Patrick Swayze
andava a chiederle aiuto e lei credeva di essere diventata pazza perché sentiva davvero gli spiriti o
quando Patrick la sfiniva con quella canzoncina per convincerla ad aiutarlo e che mi faceva paura
quando arrivavano le anime cattive; continuando poi nel 1994 con il premio Image Award per la
miglior attrice protagonista, vinto con “Sister Act – Una svitata in abito da suora”, un film
divertente che riguardo sempre volentieri: adoro quando Whoopi comincia le prove con le suore e
quando stravolge il loro modo di avvicinarsi alla gente; e poi il premio sempre come migliore
attrice con il seguito, il cui finale mi fa sempre commuovere.
Ovviamente la lista delle nomination e dei premi è molto più lunga, ma io ho voluto parlarvi solo
dei miei preferiti in assoluto.
La sua vita privata invece non è così costellata di eventi positivi...
All'età di 7 anni il padre abbandona la famiglia e a scuola le viene diagnosticata la dislessia, che è
un altro motivo per cui abbandonerà la scuola. Passerà un periodo difficile in cui abuserà di
sostanze stupefacenti che smetterà di assumere grazie all'aiuto dell'assistente sociale Alvin Martin
con il quale si sposerà nel 1973 e avrà la sua unica figlia: Alex Martin. Il matrimonio purtroppo
finirà, così Whoopi per mantenere lei e la figlia svolgerà i più disparati lavori: muratore, lavapiatti e
truccatrice per un'azienda di pompe funebri, oltre a lavorare per il San Diego Repertory Theatre.
Successivamente si sposerà e divorzierà altre tre volte.
Alcuni eventi positivi però sono presenti: molto giovane diventerà nonna e con gli anni avrà tre bei
nipotini.
Tornando all'ambito lavorativo sarà la prima donna nel 1994 a presentare la notte degli Oscar e
negli anni oltre ad essere attrice, sarà doppiatrice e produttrice cinematografica.
Ciò che non sapevo di Whoopi riguarda l'ambito sociale e quello che ho scoperto la rende ancora
più grande ai miei occhi. Organizza raccolte fondi per i senzatetto e si batte per il riconoscimento
dei diritti delle coppie omosessuali e proprio per questo obiettivo ha partecipato nel 1996 con altri
colleghi al documentario “Lo schermo velato”, che racconta l'omosessualità nel cinema.
 
Whoopi secondo me è una bellissima persona, perché è riuscita a superare tante difficoltà, ha fatto i
lavori più umili o pesanti, si occupa delle persone più deboli, si batte per ciò in cui crede e poi è
riuscita e riesce tuttora a far emozionare intere generazioni.

Come sempère potete leggere i nostri ritratti anche nei blog di:
Daniela  Un libro per amico

Grazie Fede, Monica, Miki, Francesca, Daniela

lunedì 4 maggio 2015

Ritratto di Signora: Sara e Angelina Gimkè

Buongiorno e bentornato al nostro appuntamento mensile con Ritratto di Signora
Questo mese è la volta di Daniela, quindi senza tirarla troppo per le lunghe (visto poi che sono anche in ritardo con la pubblicazione) vi lascio subito alle sue parole

Non è mai facile scegliere di chi parlare in un ritratto. Questa volta però sono stata esageratamente fortunata.
Avevo in mente un argomento e una donna in particolare ma, mi spiace per lei, per il momento dovrà aspettare la prossima occasione.
Eh già perchè il mese scorso, buttandomi su una lettura, ho fatto la conoscenza di due donne straordinarie che hanno rivoluzionato il loro modo di essere ed anche il mondo che le circondava.
Parlo di Sarah (1792-1873) e Angelina (1805-1895) Grimké, due donne che hanno saputo cambiare la storia.
Concedetemi... non erano degli splendori, ma fortunatamente il ritratto non si basa su questa loro caratteristica - anche se pare che Angelina, a sinistra, fosse particolarmente corteggiata ai suoi tempi - bensì sul loro lato attivista nei confronti degli schiavi e delle donne.
Ho conosciuto queste due donne meravigliose grazie al libro L'invenzione delle ali di Sue Monk Kidd edito da Mondadori di cui trovate la recensione qui - se non lo avete ancora letto vi consiglio di correre a farlo - e non ho potuto non pensare subito a loro per questo ritratto.
Immaginatevi questo scenario: Charleston, South Carolina, anni che vanno dal 1792 (anno della nascita di Sarah) al 1895 (anno della morte di Angelina), famiglia benestante proprietaria di piantagioni e dedita allo schiavismo, un padre - il Giudice John Grimkè - con un lavoro importante ed una vita necessariamente fatta di apparenza.
Sarah e Angelina, due donne bianche, sono state capaci di rigettare le loro ricchezze e la loro posizione sociale per lottare contro la schiavitù.
Da sempre Sarah si rivelò molto attenta nei confronti della questione; sin da bambina sognava di diventare avvocato nonostante il suo essere nata donna non le desse la minima opportunità al riguardo. Pur essendo di un'intelligenza eccezionale le venne preclusa, in quanto donna, l'istruzione universitaria che invece fu conessa ai suoi fratelli maschi. Sin da bambina fece azioni considerate inacettabili dalla società del momento, come ad esempio cercare di insegnare a leggere agli schiavi e diventare amica di Hetty, la schiava a lei destinata.
Questo suo modo di essere e di pensare condizionò molto anche la sorella Angelina che si rivelò ancora più ribelle della sorella.
Nel 1818 Sarah fu allontanata da Charleston con lo scopo di assistere il padre malato in un viaggio, alla ricerca della guarigione e fu proprio a Philadelphia che venne a contatto con il movimento cristiano dei Quaccheri.
"In passato i quaccheri si distinguevano per alcune pratiche religiose che li differenziavano profondamente dalle altre sette cristiane, come il rifiuto di gerarchie ecclesiastiche e sacramenti, e civili come l'utilizzo del "tu" come un pronome ordinario, il rifiuto di partecipare a guerre o formulare giuramenti, vestire abiti identici, abolire la schiavitù e proibire il consumo di alcolici." Fonte Wikipedia
La donna ormai ventiseienne rimase immediatamente affascinata dalle idee liberali che i Quaccheri avevano verso la schiavitù.
Il padre non riuscì purtroppo a sopravvivere al viaggio e nel 1818 Sarah fece ritorno a Charleston senza però riuscire mai più a reinserirsi in una società così chiusa. Nel 1821 Sarah si trasferì definitivamente a Philadelphia e divenne una Quacchera. Anche Angelina la seguì qualche anno dopo, esattamente nel 1829.
Tagliarono i ponti con la loro famiglia, la loro religione, la loro patria e le loro tradizioni.
Immaginatevi quanto potesse essere rivoluzionaria già solo questa cosa in un periodo in cui una donna senza marito non era solita compiere un viaggio da sola.
Sarah e Angelina sapevano bene come funzionasse il mondo degli schiavi. Ognuna di loro ne aveva ricevuta in regalo una, per il proprio undicesimo compleanno.
A Charleston una schiavo non aveva diritti, ed era trattato alla stessa stregua di un mobilio o di un possedimento terriero. Ogni schiavo era catalogato e prezzato coma un qualsiasi altro bene posseduto da una famiglia. Le punizioni per chi trasgrediva agli ordini dei padroni erano esageratamente crudeli e tutto era regolamentato ed accettato anche dalla legge.
A Philadelphia le due sorelle divennero attiviste abolizioniste arrivando addirittura a passeggiare a bracciatto con uomini di colore.
Combattendo lo schiavismo si resero però conto che anche loro, in quanto donne, erano vittime di terribili ingiustizie e divennero quindi le portavoci del femminismo. Sarah fu la prima donna negli Stati Uniti a scrivere un manifesto femminista esaustivo, mentre Angelina fu la prima donna a parlare davanti a un organo legislativo.
Non tutti gli abolizionisti videro di buon grado questa nuova lotta e fu proprio a loro che Sarah disse:
"Non possiamo portare avanti l'Abolizionismo se non affrontiamo il grande ostacolo che abbiamo di fronte. Se rinunciamo al diritto di parlare in pubblico, l'anno dopo perderemo il diritto di presentare petizioni, e l'anno dopo il diritto di scrivere e così via. Allora cosa può fare la donna per lo schiavo, quando essa stessa si trova sotto la suola dell'uomo e vergognosamente condannata a tacere?"
Nel 1836, dopo aver cominciato a tenere comizi abolizionisti - arrivando fino a New York - cominciarono anche a scrivere e diedero alla luce lo scritto Appello alle donne del Sud chiedendo appunto a queste ultime di disobbedire ai mariti e di librare gli schiavi.
Nel 1838 Angelina divenne la prima donna che parlò davanti ad una commissione legislativa e nello stesso anno Sarah scrisse Lettere sulla parità dei sessi e la condizione della donna che divenne la base per le altre teoriche femministe nei decenni che seguirono.

Nel 1838 Angelina sposò il Reverendo Theodore Weld, abolizionista, e insieme a lui nel 1839 le due sorelle pubblicarono in forma anonima un volume, American Slavery As It It: Testimony of a Thousnad Witnesses, in cui raccolsero storie dai giornali con i dettagli degli orrori della schiavitù. Questo scritto fu di ispirazione per Harriet Beecher Stowe nella scrittura del suo famosissimo libro: La capanna dello zio Tom.
Sul finire degli anni Trenta dell'Ottocento erano probabilmente le donne più famose e famigerate d'America.
Nel 1870, qualche anno prima che Sarah morisse a Hyde Park, nel Massachusetta, lei e Angelina guidarono ai seggi un corteo di quarantadue donne durante un'elezione cittadina. Marciarono sotto una bufera di neve per poi inserire le loro schede elettorali illegali in un'urna simbolica come atto di provocazione, l'ultimo che riuscirono a compiere.Entrambe morirono molto anziane, Sarah a ottant'anni mentre Angelina a novanta.
Nella lotta contro la schiavitù, le sorelle Grimké scoprirono i pregiudizi che le donne dovevano affrontare; mostrarono più coraggio di ogni qualsiasi persona bianca del Sud di quel periodo, sacrificando la loro vita per la libertà degli Africani-Americani. Un secolo dopo, la stroria delle sorelle Grimkè fu ampiamente dimenticata. Le bibliografie, per esempio, segnalano le pubblicazioni di Weld senza menzionare che Sarah Grimké fosse co-autrice. La stessa autrice del libro "L'invenzione delle ali", che è nata e vissuta a Charleston, nella nota finale al libro sottolinea quanto queste due donne straordinarie siano tuttora sconosciute ai più anche nella loro stessa città. Questo dimostra come forse il pregiudizio non sia del tutto eliminato nonostante siano passati secoli.
Felice di aver conosciuto la storia di queste due coraggiose sorelle spero di aver lasciato in voi la stessa ammirazione che ho avuto io inbattendomi per caso nella loro storia.
Bibliografia:
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