martedì 18 dicembre 2012

Riso rosso con seitan, porri e carote.

Mentre mi sto portando avanti con la preparazione del pranzi di Natale (sia lodato colui che ha inventato il congelatore) volevo condividere un altra ricetta fatta con il riso rosso rimasto dall'esperimento dell'altro giorno.
Di nuovo ero un po' dubbiosa su come sarebbe stata accolta in casa questa idea, e invece è piaciuto un sacco a tutti tanto che hanno fatto il bis, e mia sorella che voleva portarsi gli avanzi come pranzo al lavoro il giorno dopo, ha dovuto ripiegare su un panino.

Ingredienti:
200 gr. di riso rosso
250 gr. di seitan
2 porri
2 carote
pomodorini
Olio extravergine d’oliva q.b.
Sale q.b.
Pepe q.b.

Preparazione:
Riempite una pentola di acqua, portate a ebollizione, salatela e versatevi il riso. Lasciate cuocere per circa 25-30 minuti.
Mondate i porri e le carote. Tritate grossolanamente i porri e tagliate a dadini le carote.
Mettete il tutto in una padella con qualche cucchiaio di olio, il seitan tagliato a cubetti, una spolverata di sale, un pizzico di pepe e lasciate cuocere per qualche minuto.
Aggiungete i pomodorini tagliati in quattro.
Aiutatevi con qualche cucchiaio d’acqua per evitare che le verdure brucino e fare in modo che si ammorbidiscano. Quando saranno cotte, spegnete e aspettate la fine della cottura del riso. Quando anche questo sarà pronto, fatelo saltare in padella con le verdure per un paio di minuti. 



lunedì 10 dicembre 2012

Rainbow Cake

Ieri era il compleanno del mio papà e per festeggiare degnamente ci serviva una bella torta.
Combinazione vuole che qualche giorno fa sono andata alla fiera dell'artigianato e ho trovato i coloranti alimentari in gel che ho tanto cercato in giro senza successo (non volevo ordinarli su internet perché tutti i siti chiedevano spese di spedizioni decisamente troppo alte per la piccola spesa che dovevo fare).
Quelli liquidi che si trovano in giro non mi soddisfano gran che perché sono meno intensi e in più quelli in gel non modificano la consistenza dell'impasto.
Quindi ho deciso di  fare questa torta che avevo già adocchiato da un po'.
Ho fatto un po' di ricerche su internet e confrontando le varie ricette ripostate su blog e forum vari dove tutti dicevano di aver personalizzatola ricetta, ho visto che in realtà erano tutte uguali, quindoi immagino che questa sia la ricetta "ufficiale" per questa torta.
Devo dire che è stata molto apprezzata, sia dal festeggiato, che ha subito spedito la foto ai suoi colleghi pasticceri, sia da tutti gli altri famigliari, nipotino incluso che ha fatto pure il bis.



Ingredienti:
225 gr di burro a temperatura ambiente
400 gr di zucchero
5 albumi a temperatura ambiente
375 gr di farina
1 bustina di lievito per dolci
350 ml di latte
1 bacca di vaniglia
coloranti alimentari in gel
sale

500 ml di panna
500 ml di mascarpone

100 ml di acqua
50 ml di cointreau
50 gr di zucchero

Procedimento:
Con le fruste lavorate il burro e lo zucchero, con un pizzico di sale, fino a renderlo liscio e cremoso.
Aggiungete gli albumi uno alla volta, lavorando bene l'impasto con le fruste prima di aggiungere il successivo.
Mescolate la farina con il lievito.
Scaldate latte con la bacca di vaniglia aperta.
Aggiungete una parte della farina, e una parte del latte tiepido filtrato.
Mescolate  bene l'impasto e continuate ad aggiungere farina e latte alternati e amalgamando bene il tutto.
Ora dividete l'impasto in 6 ciotole (vi consiglio di pesare la ciotola dove preparerete la torta prima di iniziare in modo da calcolare la tara, poi pesatela con tutto l'impasto togliete la tara e dividete a torta in parti uguali).
Ora aggiungete i colori alle varie ciotole.
Ungete e infarinate sei teglie di 20 cm di diametro, io ho usto quelle di alluminio usa e getta.
Versate l'impasto nelle teglie livellatelo e battete le teglie sul fondo in modo da eliminare eventuali bolle d'aria e di pareggiare bene l'impasto.
Cuocete a 180° per 15 minuti, nel mio forno le teglie entravano due alla volta.
Alla fine otterrete 6 torte piuttosto basse, circa un dito.
Una volta cotte lasciate raffreddare completamente le torte.
Preparate uno sciroppo facendo bollire l'acqua con lo zucchero, e uno volta che si sarà raffreddato aggiungete il cointreau (o un altro liquore che preferite, oppure potete fare anche solo lo sciroppo con acqua e zucchero).
Montate la panna con un paio di cucchiai di zucchero a velo, e unite il mascarpone.
Ora potete assemblare la torta.
Se fosse necessario tagliate la parte superiore della torta in modo da rendere la superficie liscia ed uniforme.
Bagnate le torte con lo sciroppo, e impilatele una sull'altra farcendo con la crema di mascarpone i vari strati (ammetto che ho dovuto controllare su internet perché non ricordavo l'ordine dei colori dell'arcobaleno).
Ricoprite tutta la superficie e i lati della torta con la crema di mascarpone e lisciatela bene.
Ho notato che questa copertura tende un po' a ritirarsi, e a formare delle crepe dove era più sottile, quindi meglio non tirarla troppo.
Tende anche ad attirare le dita dei bambini, quando sono tornata dal lavoro ci ho trovato non uno ma tre segni di ditate e quando ho chiesto a mio nipote se fosse stato lui mi ha detto "Sì, con l'indice!"





lunedì 3 dicembre 2012

Ritratto di signora: Audrey Hapburn



Eccoci ancora a un nuovo appuntamento con la nostra amata rubrica mensile.
Questa volta tocca a me scrivere il ritratto che leggerete.
Devo ammettere che mi ha dato qualche difficoltà, ma alla fine in un modo o nell'altro è sotto i vostri occhi.

"Al momento di decidere la donna da presentare nella “mia” rubrica ho cercato di fare mente locale su tutte le caratteristiche che devono contraddistinguere una signora, e soprattutto quali erano le caratteristiche di quelle famose pubblicità che hanno dato il via a tutto ciò che mi disturbavano maggiormente.
In questi mesi abbiamo dato grandi esempi di lotta e di coraggio, esempi forti di donne che hanno combattuto guerre di ogni genere.
Una caratteristica che ho sempre ritenuto dover appartenere ad una signora è l'eleganza, non quella dei vestiti, non basta un abito firmato per essere elegante.
Capisco anche che dopo i forti esempi che abbiamo portato fino ad ora parlare di eleganza possa sembrare un po' leggero o furiluogo, ma parlo di quell'eleganza nell'essere e nel vivere che quelle pubblicità lasciavano intendere essere una cosa ormai superata, e che troppo spesso viene dimenticata o sottovalutata.
Parlo di quell'eleganzanza grazie alla quale non importa che tu indossi un abito di alta moda o un paio di jeans, non ti farà mai essere fuori luogo.

Audrey Hapburn è forse l'icona dell'eleganza per eccelenza, mai eccessiva o “chiassosa”, e semplicemente mi sono chiesta come lo fosse diventata.
Nata il 4 maggio 1929 da padre inglese e madre olandese (una baronessa) a Bruxelles. Negli anni della sua infanzia a causa del lavoro del padre la famiglia è costretta a spostarsi spesso tra il Belgio, il Regno Unito e i Paesi Bassi, fino al 1935, anno nel quale i genitori divorziarono, e il padre, di ideologia filonazzista, abbandonò la famiglia.
Nel '39 si trasferirono nella città olandese di Arnhem, dove la madre pensava di mettere i figli al sicuro dagli attacchi nazisti.
Qui Audrey comincia a studiare danza presso il Conservatorio.
Nel '44, ormai ballerina a tutti gli effetti, partecipa agli spettacoli segreti nei quali si raccoglievano fondi per sostenere il movimento antinazista.
Anni dopo dichiarò “il miglior pubblico che io abbia mai avuto non faceva il minimo rumore alla fine dello spettacolo”.
È in questo periodo che le persecuzioni naziste si fanno molto più pesanti, i soldati confiscano le poche scorte di cibo e carburante della popolazione olandese, che muore di fame e freddo per le strade.
Sofferente per la malnutrizione, la Hepburn sviluppò diversi problemi di salute e l'impatto di quei tempi difficili avrebbe condizionato i suoi valori per il resto della vita.
In seguito alla liberazione dell'Olanda, per proseguire i suoi studi di danza, si trasferì prima ad Amsterdam e dopo ancora a Londra dove la sua insegnate le disse che a causa del suo fisico (troppo alta con il suo metro e settanta, e troppo gracile a causa della malnutrizione) non sarebbe mai potuta diventate una prima ballerina, forse fu anche a causa di questa dichiarazione che decise di tentare con la carriera cinematografica.
Mosse i suoi primi passi come attrice partecipando ad un documentario e calcando le scene teatrali di diversi musical.
La scrittrice Colette la scelse per interpretare la parte della protagonista nella commedia tratta dal suo romanzo Gigi.
Lo spettacolo riscosse un discreto successo di critica e molte lodi per l'interpretazione della Hepburn. Le repliche a New York durarono sei mesi e la Hepburn vinse il premio Theatre World Award per il suo debutto.
Nel 1952 la Hepburn si sottopose a un provino per il film Vacanze romane. Dopo averlo visionato Wyler, il regista, si convinse che il ruolo dell protagonista , la principessa Anna, non poteva essere altro che suo.
Con la sua interpretazione vinse l'oscar come miglior attrice protagonista nel 1954.
In quell'occasione l'attrice indosserà un abito bianco a fiori, che sarà giudicato in seguito come uno dei migliori di tutti i tempi.
Dopo l'esperienza di Vacanze romane, fu chiamata ad interpretare il ruolo della protagonista femminile nel film Sabrina, ruolo che la lancio nell'Olimpo delle star hollywoodiane. 
Verso la seconda metà degli anni cinquanta, Audrey Hepburn era diventata una delle più grandi attrici di Hollywood e un'icona dello stile.
La sua figura snella e il suo ben noto buon gusto erano ammirati e imitati. Diventata una delle maggiori attrazioni del cinema hollywoodiano, continuò a lavorare con attori importanti, e volti noti del cinema statunitense e internazionale continuando a raccogliere consensi e premi.
Il personaggio di Holly Golightly, da lei impersonato nel film Colazione da Tiffany, venne considerato come una delle figure più incisive e rappresentative del cinema statunitense del XX secolo.
Nel 1964 fu impegnata in uno dei suoi ruoli più famosi, quello di Eliza Doolittle nel film musicale My Fair Lady. Venne scelta al posto dell'allora poco conosciuta Julie Andrews, che aveva interpretato il ruolo di Eliza a Broadway. Inizialmente la Hepburn rifiutò il ruolo e chiese che fosse assegnato alla Andrews, ma quando le dissero che la parte non sarebbe mai andata alla Andrews, decise di accettare. Durante la lavorazione del film, la Hepburn scoprì di essere stata doppiata nei pezzi musicali. In segno di protesta se ne andò dal set, per tornare il mattino seguente scusandosi per il suo comportamento.
Dal 1967 in poi, lavorò in maniera molto sporadica. Dopo il divorzio dal primo marito, la Hepburn si risposò ed ebbe il suo secondo figlio, Luca. La gravidanza fu molto difficile e l'attrice dovette rimanere quasi tutto il tempo a letto. Con l'arrivo di Luca, la Hepburn decise di diminuire i suoi impegni di attrice e di dedicarsi alla famiglia.
Nel 1982 finì il suo secondo matrimonio a causa delle svariate infedeltà del marito.
Successivamente ebbe una relazione con un altro uomo (non si sposarono mai), con il quale andò a vivere in Svizzera dove i due si occuparono molto di beneficenza e affrontando insieme molti viaggi, per conto dell'UNICEF, poco tempo dopo la sua ultima apparizione cinematografica nel 1988 (Always - Per sempre di Steven Spielberg , film che non ebbe grande successo), Audrey Hepburn fu infatti nominata ambasciatrice speciale dell'UNICEF. Da quel momento fino alla sua morte la Hepburn si dedicò all'aiuto dei bambini dei paesi poveri del mondo. I suoi viaggi intorno al mondo furono facilitati anche dalla sua conoscenza delle lingue.
Nel 1992, a seguito di un malore, i dottori che la visitarono scoprirono l'esistenza di un cancro sviluppatosi lentamente, e dopo due operazioni i medici giunsero alla conclusione che il cancro era ormai troppo esteso per essere curabile.
Lo stesso anno della sua morte, 1993, il figlio Sean fondò l'Audrey Hepburn Children's Fund per favorire la scolarizzazione nei Paesi africani.
Nel 2011, i figli hanno promosso in Italia il club di donatori UNICEF “Amici di Audrey” che sostiene in particolare il progetto per la lotta alla malnutrizione in Ciad.

I particolari della sua cariera sono noti a tutti, ma quelli più personali, per quanto di pubblico dominio, sono decisamente meno conosciuti, e trovo che siano proprio questi a rendere al meglio quella che è l'idea di eleganza di cui parlo.
Una vita cominciata tra gli stenti della guerra e finita nella difficoltà della malattia, ma vissuta con una leggiadria che non può non lasciare il segno."

E come sempre trovate questo articolo sui blog di:

Vi aspettiamo il prossimo mese con un nuovo ritratto.

venerdì 30 novembre 2012

Riso rosso Thay con carciofi e stracchino

Come ormai si sarà chiaramente capito mi piace fare esperimenti in cucina, se trovo qualche ricetta strana o perticolare la devo provare.
Quando passando davanti alla corsia del mercato equo e solidale del supermercato mi sono ritrovata davanti una confezione di riso rosso non ho potuto resistere.
Oltretutto non solo risponde al requisito di stranezza e particolarità, ma è pure rosso, come potevo lasciarlo lì?
Una volta a casa ovviamente ho fatto qualche ricerca e devo dire di aver trovao qualche ricetta interessante.
Questa non si discosta molto in realtà dalla classica ricetta di risotto a cui siamo abituati.

Ingredienti:
1,5 lt brodo vegetale
riso rosso selvatico (decidere quanto riso cucinare io mi attengo sempre ad un'equazione matematica infallibile che mi ha spiegato mia nonna anni e anni fa: 2 pugni a persona più uno per la pentola, in questo caso io cucinando per quatto ho usato 9 pugni di riso, ma se prorprio volete un peso erano poco meno di 300 gr)
1 cucchiaio di burro
1/2 cipolla
150 gr stracchino
5 carciofi
la buccia grattugiata di ½ limone
2 cucchiai di Parmigiano Reggiano grattugiato
Pepe macinato a piacere
Sale q.b.

Preparazione:
Iniziate tritando la  e fatela soffriggere in una pentola col burro, poi unite il riso rosso e fatelo tostare. Aggiungete a piccole dosi il brodo vegetale caldo, fate cuocere il riso rosso per 35-40 minuti.
Nel frattempo pulite i carciofi, togliendo loro le foglie dure più esterne e tenendo solo i cuori, che taglierete finemente. 
Trascorso il tempo necessario unite i carciofi e continuate la cottura del riso (ci vorranno in totale circa 50 minuti) continuando ad aggiungere mano a mano il brodo poco per volta. 
Qualche minuto prima di spegnere il fuoco aggiungete al riso la scorza del limone e  lo stracchino e mantecate bene.
Alla fine mettete il Parmigiano grattugiato, aggiustate di sale e di pepe e servite immediatamente.




“Con questa ricetta partecipo a “Un viaggio nel formaggio” del blog La Cuochina Sopraffina e Fiordimaso”

domenica 25 novembre 2012

Torta di mele

Cosa c'è di meglio in una mattinata un po' grigia e fredda di accendere il forno per preparare una bella torta.
Si tratta di una ricetta molto semplice, che utilizzo ormai da anni, e ci piace così tanto che non ho mai sentito la necessità di cercarne di differenti.
Se poi si ha un piccolo aiutante come il mio il successo è assicurato



Ingredienti:
4 mele
2 cucchiai di burro morbido
3 uova
1 bustina di lievito
15 cucchiai di farina
10 cucchiai di zucchero
sale
succo di limone
burro e pangrattato per lo stampo

Preparazione:
Sbucciate le mele e tagliatene 2 a cubetti e due a fettine sottili, e bagnatle col succo di limone.
Dividetele uova, montate a neve gli albumi con un pizzico di sale, e in un altra ciotola montate i tuorli con lo zucchero e ancora un pizzico di sale.
Unite ai tuorli la farina con il lievito, aiutandovi con un cucchiaio di legno mescolate bene il tutto aggiungendo il latte poco alla volta fino a rendere l'impasto una crema densa.
Unite le mele a cubetti, e infine gli albumi montati a neve mescolando semopre dal basso verso l'alto.
Ungete la teglia e spolverizzatea col pangrattato.
Versate l'impasto nella tortiera e disponete le fettine di torta su tutta la superficie, spolverizzatela con un paio di cucchiai di zucchero, e qualche fiocchetto di burro. 
Infornate a 180° per circa un'ora.




martedì 13 novembre 2012

Pasta e ceci

Visto il tempo piovoso che è venuto fuori ultimamente cosa c'è di meglio che una bella minestra per scaldarsi un po'.
Che poi la mia versione di pasta e ceci non è estattamente una minestra visto che rimane sì molto morbida, ma non è che abbia proprio il brodo.
Devo dire che questo tipo di pasta mi piace molto e poi è veramente veloce e semplice da preparare.

Ingredienti:
200 gr di ceci lessi (potete lessarli voi oppure vanno benissimo le scatolette)
1 scatola di pelati
200 gr di pasta (io uso quella mista tutta spezzettata)
1 dado
1 cipolla
olio extravergine d'oliva
sale, pepe, peperoncino

Preparazione:
Tritate finemente la cipola e fatene un soffritto con l'olio e un po' di peperoncino (facoltativo ovviamente, ma io lo metto ovunque ormai lo sapete).
Una volta che la cipolla sarà ben dorata aggiungete i ceci , la pasta, i pomodori pelati (oppure va bene anche la polpa di pomodoro, dipende un po' dal vostro gusto ovviamente) e il dado.
Man mano che procede la cottura, e la pasta assorbe liquido aggiungete un po' di acqua (oppure brodo se preferite, in questo caso potete evitare di aggiungere il dado), come fareste con un risotto, solo cercate di mantenerlo un poco più liquido.
Verso la fine della cottura controllate che vada bene di sale, e a piacere potete mettere anche una bella spolverata di pepe.
Visto che mi avanzava io durante la cottura ho aggiunto anche un pezzo di crosta di Grana tagliato a pezzettini che si sono sciolti e ammorbiditi col calore.
Con queste quantità abbiamo mangito tranquillamente in 4 e c'è stato pure la possibilità di fare il bis


giovedì 8 novembre 2012

Angel Cake

La torta degli angeli, quando ho trovato questa ricetta all'interno di un giornale non ho resistito al suo nome così evocativo e l'ho voluta assolutamente provare.

Ingredienti:
350 gr di albumi (vi consiglio di comprare gli albumi al supermercato, li trovate nel banco frigo, di solito in zona latte, ma se non li hanno tenete conto che un albume pesa circa 30 gr)
340 gr di zucchero semolato
150 gr di farina 0
5 gr di cremor tartaro
1/2 cucchiaio di scorza di limone grattugiata
sale
zucchero a velo

Preparazione:
A bassa velocità montate gli albumi con circa metà dello zucchero, il sale e la scorza di limone.
Aumentate la velocità man mano che il composto cresce di volume.
Quando sarà ben gonfio aggiungete, continuando a mescolare, ma con la frusta a mano, la farina setacciata con il cremor tartaro e lo zucchero rimanente.
Versate il composto in uno stampo imburrato.
Con una spatola praticate dei tagli nell'impasto per rompere eventuali bolle d'aria, e informate a 170° per 30 minuti.
Sformate la torta su una gratella e lasciatela asciugare prima di metterla su un piatto da portata e spolverizzarla con lo zucchero a velo.

lunedì 5 novembre 2012

Ritratto di signora: “Le grandi fotografe di National Geographic”

Buon giorno!
Eccoci qui tutti inseme con il nostro appuntamento del primo lunedì del mese


Questo mese è Monica che ci accompagna a scoprire la vite e soprattutto le opere di donne straordinarie.

"La passione per la fotografia nasce da lontano, avevo più o meno 12 anni e durante le ore di educazione tecnica alle medie ci insegnarono a sviluppare un rullino fotografico.
La camera oscura, l’odore dei solventi, la sorpresa di veder comparire la tua creazione su un foglio di carta era qualcosa di unico e magico.

Da quel momento in avanti, ogni volta che qualcuno mi chiedeva “Cosa vuoi fare da grande?” la mia risposta era una sola “La fotografa”

Gli anni sono passati e questo desiderio non si è realizzato, anche se la passione per la fotografia mi accompagna tuttora. E’ difficile da spiegare, ma non mi sento mai tanto realizzata come quando ho una macchina fotografica tra le mani, è qualcosa di bello, che da soddisfazione, è come fermare il tempo in uno scatto unico ed irripetibile.

Proprio per questo negli anni la mia libreria si è composta non solo di romanzi ma anche di volumi che parlano di fotografia.
Steve Mccurry, Robert Capa sono fotografi che ho seguito negli anni e che adoro, ma mai nella mia vita sono stata più felice di ricevere in regalo, nel Natale del 2001, il volume intitolato“Le grandi fotografe di National Geographic”.

Finalmente un libro su fotografe DONNE in un mondo in cui la figura maschile è quasi del tutto predominante.

Con amore e passione mi sono immersa in questa lettura interessante, che non è fatta solo di immagini ma anche di racconti di donne vere, forti e caparbie, che con determinazione hanno lottato per conquistarsi un posto in questa società.

Alla fine degli anni ’70 lo staff del National Geographic, giornale famoso per foto non solo naturalistiche, ma di mondo e di costume, è composta interamente da uomini… le donne al massimo fanno le segretarie o rispondono al telefono.

Si ha la convinzione che nessuna donna possa essere abbastanza tosta per recarsi in un paese dilaniato dalla guerra, che nessuna sia così lungimirante da poter vedere oltre l’obiettivo e catturare l’immagine perfetta.

Come racconta Alexandra Avakian fotoreporter per National Geographic a partire dal 1995 “Quando ancora non ero conosciuta misi insieme un portfolio con il nome di Alex Avakian, non volevo che il mio sesso costituisse un problema.. non volevo che dicessero – non possiamo mandarla in questo posto o a fare questo servizio perché è una donna”

Ma essere fotografi non significa essere uomini o donne, è una lotta continua con la macchina fotografica, è esprimere se stessi attraverso l’obiettivo, trovare la luce giusta, il momento giusto, lo scatto che permetterà a te stessa e agli altri di provare emozione.

Come Jodie Cobb, unica donna nello staff permanente di National Geographic, e non assunta come freelance , che hacombattuto e si è affermata dimostrando che il suo lavoro valeva tanto quanto quello di un uomo.

Donne che hanno dovuto decidere tra la carriera e la vita di tutti i giorni.. dice la stessa Jodie Cobb “ Puoi avere una vita in missione, o puoi avere una vita a casa. Ma è difficile averle entrambe. Quando sei in trasferta per un periodo lungo conosci tutti in città, dal re alla governante. Poi torni a casa. Non sei più in missione. Hai le faccende di casa e i conti arretrati, e può sembrare di dover ricominciare da capo con gli amici, i conoscenti

Ma soprattutto con le loro famiglie, mariti scontenti, figli che vivono con madri a metà

Mi chiedo, leggendo le parole che ho appena scritto, se sia giusto tutto questo? E’ giusto vivere la famiglia a metà? Lasciare i propri figli per recarsi dall’altra parte del mondo? La risposta non è semplice, e penso di non dover essere io a darla.. ma poi mi capita di guardare degli scatti della stessa Cobb e mi rendo conto che se non le avesse scattate, queste immagini non sarebbero mai arrivate fino ai miei occhi e sicuramente sarebbe stata una grande perdita. 







Donne come Sisse Brimberg così determinata nel voler diventare una fotografa del National Geographic tanto da telefonare prima in redazione dalla lontana Copenhagen per poi presentarsi dopo diversi rifiuti nella redazione stessa davanti al capo della fotografia Bob Gilka nel 1976, con la pretesa che esaminasse i suoi lavori.
Se non l’avessero assunta ci saremmo persi servizi meravigliosi come quello intitolato “Caterina la grande” in cui rende il paese russo in tutta la sua magnificenza. 






Donne che mi hanno insegnato che per raggiungere un obiettivo bisogna essere forti e coraggiose, che bisogna guardarsi dentro e capire qual è la propria passione ed esternarla al mondo perché è giusto che anche gli altri sappiano quanto di bello si possa esprimere con una macchina fotografica.
Donne che sono si fotografe, ma anche mogli e madri, che fanno un lavoro diverso, forse insolito, con il cuore diviso tra dovere e amore , ma con un’unica grande passione, quella di mostrare il mondo attraverso i loro occhi, rendendoti partecipe di un qualcosa più grande di tutti noi"

FONTE: Le grandi fotografe di National Geographic di Caty Newman
Fonte Immagini: Google image


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lunedì 22 ottobre 2012

Brownie alla Nutella

Sono pessima perché un po' di cosine le ho fatte ultimamente, ma non riesco mai a trovare il tempo di riportarle qui sopra.
Comunque la scorsa settimana ho letto questa ricettina facile facile che mi è piaciuta subito tantissimo (a parte il fatto che ho letto la parola magica Nutella e già sapevo che sarebbe stata una meraviglia)

Ingredienti:
250 gr di Nutella
120 gr di farina
2 uova

Procedimento:
In una ciotola mettete la Nutella con le due uova e mescolatela bene.
Una volta che le uova saranno ben amalgamate unite la farina e mescolate bene.
Mettete l'impasto nello stampo dei muffin e cuocete a 180° per 10 minuti non di più.
Il cuore dei dolcetti deve rimanere morbido.
Potete mangiarli sia tiepidi che freddi.
Con queste quantità vengono 6 o 7 tortine, dato che la mia teglia dei muffin (tecnicamente muffettiera, mi dicono dalla regia) è attualmente ostaggio di un amico cuoco, che se l'è presa in prestito questa estate e non me l'ha più riportata mi sono arrangiata con le formine di alluminio della Cucki solo ce erano un po' troppo grandi, ne sono venuti tre da dividere in due, avendo però i dolcetti il cuore morbido non è stata la mia miglior pensata, ma erano talmente buoni che anche se si sono un po' disfate mentre le tagliavo non è stato assolutamente un problema.





Ve lo avevo detto che era facile no?!

lunedì 1 ottobre 2012

Ritratto di Signora: Irena Sendler

Buon lunedì!

 
E' già passato un mese ci credete (io me ne sono accorta questa notte, più o meno all'una di notte, quando tornando dal lavoro sotto una specie di diluvio mi sono resa conto di non aver avuto il tempo di preparare l'articolo -_-')
Ma ora vi lascio con l'articolo di Francesca


Questo mese vi vorrei raccontare la storia di una donna coraggiosa,che fin da piccola si è ribellata agli orrori e che una volta cresciuta ha messo a repentaglio la sua vita pur di salvare tante persone innocenti vittime della pazzia dettata dal nazismo...una storia che è poco conosciuta e che anch'io purtroppo non conoscevo fino a tempo fa,ma che mi sembra giusto diffondere.
Sto parlando di Irena Sendler.
Irena Sendler nasce a Varsavia il 15 Febbraio 1910 da una famiglia polacca socialista.


Il padre era medico e morì di tifo,dopo averlo contratto mentre assisteva i malati che altri medici avevano rifiutato di curare: molti di essi erano ebrei.
Al momento in cui il padre spirò, la comunità ebraica come segno di ringraziamento per ciò che aveva fatto per loro,si offrì di pagare gli studi a Irena.
Irena,fin da ragazza provò vicinanza per il mondo ebraico e all' università proprio per questo si oppose alla ghettizzazione degli studenti ebrei,facendosi sospendere così per tre anni.
Finiti gli studi,cominciò a lavorare come assistente sociale,e durante la seconda guerra mondiale,quando i nazisti occuparono la Polonia,cominciò a lavorare per salvare gli Ebrei,riuscendo insieme ad altri collaboratori a procurarsi 3000 passaporti falsi per aiutare le famiglie ebraiche.
Nel 1942 entrò nella resistenza polacca e attraverso il movimento clandestino non comunista di cui faceva parte: la Zegota, fu incaricata di occuparsi delle operazioni di salvataggio dei bambini ebrei del Ghetto.
Per non richiamare l'attenzione su di sè quando andava  i visitare gli ebrei per vedere se avevano contratto il tifo,ella metteva una Stella di Davide,anche come segno di solidarietà verso di loro.
Irena,in battaglia Jolanta,insieme ad altri membri riuscì a far fuggire i bambini dal Ghetto,portandoli fuori tramite ambulanze o altri mezzi e per non far sentire i bambini che piangevano ai nazisti aveva con sè un cane addestrato ad abbaiare,nel caso si fossero avvicinati.

Irena dava ai bambini dei falsi documenti con nomi cristiani e li affidava a famiglie cristiane,a conventi  o a preti cattolici che gli nascondevano nelle case canoniche. Ella annotava i veri nomi dei bambini accanto ai falsi,gli nascondeva in barattoli di marmellata sotto un albero del suo giardino,in modo che se i loro genitori si fossero salvati avrebbe potuto ricongiungerli a loro.
Nell'ottobre 1943 venne arrestata dalla Gestapo e torturata: le furono spezzate gambe e braccia,facendola rimanere inferma a vita,ma ella non rivelò niente.
Condannata a morte,fu liberata dalla resistenza polacca,che diede dei soldi ai soldati tedeschi,facendola così risultare comunque tra i giustiziati,e nei mesi seguenti Irena continuò a organizzare salvataggi dei bimbi ebrei nell'anonimato.
Finita la guerra, consegnò i nomi dei bambini ad un comitato ebraico che riuscì a rintracciare 2000 bambini,anche se la maggior parte delle famiglie erano state sterminate.
Nel 1965 venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le nazioni,titolo utilizzato per indicare i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo dal genocidio nazista conosciuto come Shoah.
Il 7 novembre 2001 le venne assegnata la Croce di Comandante con Stella dell'Ordine della Polonia Restituta.
Nel 2003, papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale lodandola per i suoi sforzi durante la guerra. Il 10 ottobre 2003 Irena ricevette la più alta decorazione civile della Polonia, l'Ordine dell'Aquila Bianca, e il premio Jan Karski "Per il coraggio e il cuore", assegnatole dal Centro Americano di Cultura Polacca a Washington, D.C..
Nel 2007 il Presidente della Repubblica di Polonia, la proclamò eroe nazionale,ma purtroppo non potè presentarsi all'atto di omaggio ,perchè ormai 97enne non fu in grado di lasciare la casa di riposo in cui risiedeva, ma mandò una sua dichiarazione per mezzo di Elżbieta Ficowska, che aveva salvata da bambina.
Il nome di Irena Sendler venne anche raccomandato dal governo polacco per il premio Nobel per la pace, con l'appoggio ufficiale dello Stato di Israele espresso dal suo primo ministro Ehud Olmert.Ma alla fine, il premio venne assegnato a Al Gore.
Questi, alcuni dei pensieri di Irena:
 Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai. Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria.
Irena Sendler morì a Varsavia il 12 Maggio del 2008.
La vita di Irena Sendler è stata riscoperta nel 1999 graziead alcuni studenti di un college del Kansas,che hanno lanciato un progetto per far conoscere la sua vita e il suo operato a livello internazionale.
www.irenasendler.org
Sono venuta a conoscenza dell'esistenza di questa donna grandiosa nella Giornata della Memoria,grazie ad un link su Facebook (può essere molto istruttivo a volte),dove si ricordava la sua figura: mi ha subito attratto il viso di Irena da cui traspariva tutta la sua bontà e la sua dolcezza e subito dopo mi ha colpito la sua storia e mi è sembrato un peccato che ogni anno i mass media non  parlino affatto di Irena Sendler e di tutte le vite innocenti che ha salvato.  La sua storia mi ha commosso sia per le imprese pericolose,sia perchè mi ha fatto pensare a tutte le persone che purtroppo non sono riuscite a salvarsi; mi ha fatto provare di nuovo molta rabbia per quest'orrore inutile,e mi ha fatto anche riflettere sulla società di oggi,dove ormai nessuno aiuta nessuno,neanche quando potrebbe e questo è davvero triste...dovrebbero esistere più persone come Irena Sendler.
Al prossimo mese
Franci



Vi ricordo che come sempre potete leggere questo articolo anche sui blog di:
Vi aspettiamo il prossimo mese con un nuovo ritratto.

venerdì 21 settembre 2012

Cookies con arachidi salate e cioccolato al latte

Sta mattina mi sono svegliata con la voglia di cucinare qualche dolcetto.
Spulciando tra le ricette mi sono passate per le mani quelle dei cookies al burro di arachidi e gli M&M's cookies. Ho messo insieme le due ricette con le cose che avevo in casa e ne è venuta fuori questa.
Sì lo ammetto è stato un azzardo, e il risualtato è particolare ma vi assicuro che sono veramente buoni.

Ingredienti:
125g di burro
70 g di burro di arachidi
150 g di zucchero di canna
1 uovo
250g di farina
50 g di arachidi salate
50 gr di cioccolato al latte


Preparazione:
Con uno sbattitore amalgamate il burro con il burro di arachidi, lo zucchero e l'uovo.
Aggiungete le arachidi e il cioccolato a pezzettini.
Aggiungete la farina e lavorate bene (all'inizio il composto sembrerà troopo asciutto e che la farina non venga assorbita bene, ma non cedete alla tentazione di aggiungere liquidi, piuttosto abbandonate il cucchiaio e impastate tutto con le mani)
Il composto risulterà piuttosto morbido, inumidendovi leggermente le mani formate delle palline di impasto  più o meno dele dimensioni di una noce, ponetele su una placca da forno e schiacciatele leggermente.
Infornate i biscotti in forno caldo a 170° per 12 minuti.


martedì 18 settembre 2012

Tiramisù

Mi sono accorta di un imperdonabile mancanza da parte mia, ho postato la ricetta del tiramisù alla birra, eppure ho trascurato di inserire la ricetta del classico, semplice e sempre buonissimo tiramisù.
NO! NO! Qui bisogna correre ai ripari.
E considerando che l'altro giorni mamma facendo la spesa ha comprato un pacco di savoiardi scambiandoli per pan carrè (come questo sia possibile è un mistero superato solo dalla transustanziazione del pane e vino in corpo e sangue, considerando che non stsnno neanche nello stesso reparto) ne ho approfittato per farli fuori subito onde evitare di ritrovarmeli tra qualche anno cacciati in fondo alla dispensa scaduti e inutilizzabili

Ingredienti (per 6 porzioni):
-200 gr di savoiardi
-250 gr di mascarpone
-250 gr di panna fresca
-50 gr di zucchero
-4 uova freschissime
-6 tazzine di caffè
-cacao in polvere
-sale

Preparazione:
Aprire le uova e separare gli albumi dai tuorli.
In ciotole diverse montare prima a neve ben ferma gli albumi con un pizzico di sale, la panna fresca, e infine i tuo rli con lo zucchero fino a renderli belli spumosi.
Aggiungere ai tuorli il mascarpone lavorarli bene (ma con delicateza in modo da non smontarli) con un cucchiaio.
Aggiungere la panna montata e, dopo aver amalgamato bene, gli albumi, mescolare sempre dal basso all'alto fino ad ottenere una bella crema liscia, omogenea e spumosa.
Baganre i savoiardi nel caffè (a piacere si può anche zuccherare, io non lo faccio perchè secondo me il risultato finale ha già il giusto grado di dolcezza), disporli uno accanto all'altro nella teglia fino a ricoprire completamente la base, coprire con metà della crema e spolverare di cacao.
Coprire con i savoiardi sempre intitnti nel caffè, spalmarci su il resto della crema, spolverizzare il cacao e lasciate riposare in frigo il tutto per qualche ora prima di servirlo in modo che i vari sapori abbiano il tempo di amalgamarsi.
L'ideale sarebbe di lasciarlo riposare almeno una giornata, ma a casa mia siamo fortunati se dopo un giorno troviamo la teglia con dei rimasugli.



lunedì 3 settembre 2012

Ritratto di Signora: Marilyn Monroe


Buon primo lunedì del mese a tutti.
Ancora una volta ci ritroviamo tutti insieme per questo bellissimo appuntamento.


Se tutto va come dove andare questo post verrà pubblicato mentre io sarò finalmente in vacanza, quindi mentre tutti voi correte per andare al lavoro io sono distesa sul mio nuovissimo telo mare comprato al Disney Store in offerta la scorsa settimana, armata del mio adoratissimo Kindle in versione mare (ricoperto ad metri e metri di pellicola) accingendomi probabilmente a iniziare la lettura di Anna Karenina, o la rilettura di Harry Potter, o un'altro del quasi centinaio di volumi che ho scaricato sul libro magico qualche giorno fa.
Ma bando alle ciance correte a leggere questo nuovo particolarissimo, stupendo ritratto regalatoci da Michele.

"                               Cercando Marilyn


Buon viaggio..
Una cortina di fumo mi circonda, a tal punto da impedirmi di vedere anche a un palmo dal naso. Sembra formata dagli sbuffi di ghiaccio secco di un concerto rock o, se non fossi consapevole di come sono giunto a questo punto, direi che è merito dei fumi che circondano le astronavi aliene nei film di serie B. Questo non è un film di fantascienza e, soprattutto, non ho viaggiato in compagnia di E.T tra pianeti sconosciuti. Ma ho viaggiato. E tanto.. Ho attraversato gli anni e gli oceani, facendo una falla nel presente e affacciandomi in un passato che pensavo di conoscere. Tutto per vederla. La prima cosa che mi colpisce degli anni '60 è il fumo. Credetemi se vi dico che sarebbe il paradiso su misura per Italo Svevo! Fumano tutti e fumano ovunque. Fuma il tipo che mi guarda, sospettoso, da sopra il giornale. Fumano l'uomo corpulento dietro il bancone, l'addetta alle cucine e la cameriera sorridente che, in questo momento, mi si avvicina. Se non fosse per la sigaretta che le pende tra le labbra rosse, somiglierebbe alla perfezione alla vecchie modelle che si vedevano all'epoca delle prime Coca-cola. Incrociando il suo sguardo, scuoto il capo. La mia accompagnatrice non è ancora arrivata. Una mezz'ora di elegante ritardo. Mi aspettavo peggio, conoscendo il personaggio. Poi sento il rumore metallico di una collana che oscilla, una donna si schiarisce delicatamente la voce. 
Sollevo lo sguardo e, improvvisamente, non sono più tanto sicuro di non essere sbucato in una galassia lontana. 
 I denti sono perle bianche, il sorriso è una linea ondulata e colorata di rossetto che illumina un volto dalla bellezza inimitabile. I capelli sono di un biondo che nessun parrucchiere riuscirà mai a emulare e nessuna telecamera, per quanto sofisticata, riuscirà a cogliere. La guardo sfacciatamente e mi ripeto che forse non è di questo mondo. Si china su di me emanando deliziosi sbuffi di profumo a ogni passo, mi passa la mano sotto il mento e, con una smorfia simpatica, mi chiude la bocca spalancata. Una nuvola di Chanel n°5 per la figura di merda più colossale dei miei diciotto anni! Arrossisco violentemente e, con gli occhi chini, stringo il mio taccuino tra le mani. Lei ride e il mondo smette di fare rumore. Gli occhi sono puntati su di lei, protagonista di uno spettacolo “sold out” che continua anche nella sua vita privata. Niente privacy, niente segreti che non siano già stati spiattellati sui rotocalchi dell'ultimo mezzo secolo. « Don't worry, Michele. Non sarebbe comunque la prima volta che capita». La sua voce è un musicale mix di italiano e americano, con le vocali leggermente aperte e le “c” strascicate in dolci fruscii di parole. Non credo abbia mai girato nemmeno un film da noi, ma nel regno della mia mente ha più risorse lei di Google Translate. «Avrei immaginato baffetti da bibliotecario, un raccapricciante riporto e un papillon sfatto. Non.. te...». Balbetto qualcosa di incomprensibile e mi avvento sulle domande. Lei ascolta attentamente con le gambe accavallate e la scarpa dal tacco grigio champagne sembra tracciare, nel frattempo, circonferenze immaginarie nell'aria. Sa già cosa chiederò, e non vorrebbe ascoltare. Ora è lei a evitare il mio sguardo e i suoi occhi azzurri si perdono in ricordi in cui quella bimba riccioluta è soltanto una faccia in bianco e nero in una foto di gruppo. La protagonista di una tragedia familiare che non è la sua. Adesso tutti conoscono il suo nome e nessuno può ferirla. 
Lei è Marilyn, Norma Jeane non c'è più. Quella ragazzina è stato un errore portato in grembo per nove mesi. Una figlia non voluta; un errore all'anagrafe, nato dall'unione dei nomi di battesimo di due dive del dopoguerra: Norma Talmadge e Jean Harlow. Una svista come lo è aggiungere una “e” di troppo. Nacque nell'estate del 1926, ma il suo cuore fu a lungo tormentato dal rigore di un inverno perenne. Una madre fragile e incostante, degli zii soffocati dal fanatismo religioso, una felicità fugace sotto il tetto di un'amica di famiglia e poi gli orfanotrofi, gli orfanotrofi, il sesso scoperto ancora da bambina e un circolo di violenza e privazioni – alimentato da famiglie lampo, da papà dalle mani troppo lunghe e da carcerieri rimasti ancora senza volto. Improvvisamente, l'indipendenza. Un nuovo nome, un nuovo colore di capelli, un nuovo modo di atteggiarsi e sorridere. Studiato per piacere, sfondare, farsi amare e riempire un vuoto dalle proporzioni di un'infanzia sottratta. I suoi occhi troppo azzurri mi parlano di un destino d'attrice scritto anche all'anagrafe, degli uomini sbagliati, dell'amore più intenso che si è rivelato soltanto bieco possesso, dei soldi che, aveva creduto, potessero renderla felice. Però continua a non dire niente, mentre io porto finalmente a termine la prima di una serie di noiose domande che, immagino, avrà sentito già mille volte. Osservo il collo candido che sbuca da un dolcevita nero, il carnoso neo sul labbro destro, le sue forme morbide che sovvertono completamente le silhouette filiformi che falcano le passerelle odierne e, soprattutto, osservo quegli occhi tremanti che cercano una via d'uscita. Che mi chiedono già basta. Mi appare nella sua vera essenza, una bambola di ceramica con troppo trucco che ha imparato a vivere delle attenzioni altrui: indifesa, immensamente piccola nel suo metro e sessantasei, la bimba dal pianoforte scordato - che era un tempo e non è mai stata - alla mercé di un orco cattivo e dispettoso. Così come si era calato, il sipario torna ad alzarsi. Mi si avvicina di nuovo e di nuovo vacillo sulla mia panca. Mi sposta il ciuffo dagli occhi e, mordendosi la lingua come una bimba alle prese con una marachella, mi sfila gli occhiali da vista. I suoi occhi rimpiccioliscono dietro i vetri spessi dei miei Ray Ban e li storce con uno sbuffo irriverente. Tende le mani nel vuoto, come se volesse acchiapparmi. Eccomi, le dico nella mia mente. Prendimi. «Uh, sembri così piccolo», sghignazza, e, indicando il massiccio barista: «Pensa che lui lo vedo come uno dei Puffi! Un grosso Puffo arrabbiato, e rosso come un peperone!». Hulk, lì, risponde con un grugnito e Marilyn controbatte con un'altra risata argentina, che scema nel pugno che si porta alla bocca, simulando un mal riuscito attacco di tosse. Lei è cosi. Pazza e meravigliosa. Un miracolo che, la notte, si oscura dietro un banco di malinconia. 
 «Penso sia l'ora di andare via. Sei un bel ragazzino, ma non credo che le storie che ti porti dentro e i libri che ti porti appresso possano fare qualcosa contro le nocche di quel bruto. Voglio portarti nel mio posto segreto». Io sto scappando insieme a Marilyn Monroe. I flash dei paparazzi in strada, la sua mano attorno al mio braccio, lo scalpiccio di piedi in fuga, un'oasi di pace in piena New York. 
Sfrecciamo dinanzi alle vetrine luccicanti di Tiffany e potrei giurare di aver scorto un tubino nero, una collana di perle e un paio di Ray Ban scuri, certamente più famosi dei miei, riflessi tra gli ori e i diamanti. Audrey e la sua strana e celebre colazione: la più dolce. Imboccato un vicolo sperduto, ci troviamo davanti a un negozietto dal parquet lucido e dall'odore di cera e sandalo ad aleggiare, simili a note ancora inespresse, tra le scale a chiocciola e i tasti in bianco in nero. Un trilione di tasti per un mare in cui, a galleggiare, ci sono pianoforti di ogni foggia e colore. La presa di Marilyn si fa più intensa e la sua voce lascia trapelare un brivido di emozione: «Questo è il mio rifugio. Nemmeno i colpi di cannone potrebbero affondarmi su questa nave che - al posto delle vele, della poppa e di quello strano sterzo che gira.. mmm.. come si chiama? - ha 88, piccole scialuppe di salvataggio in cui barricarmi». Volteggia su sé stessa in un ciclone di balze perfettamente stirate e sorride riconoscente alla coppia di anziani che la osserva da dietro la cassa. Sono loro i proprietari di questo castello in cui la ragazza che ha tutto può sentirsi una vera principessa. Le sue dita scivolano sui tasti di un piano a coda, dando vita a una trascinante scala musicale che rompe il silenzio. «88», mormora, «il numero perfetto. L'infinito che guarda in faccia l'infinito.. Non ho mai avuto un piano tutto mio. Non ho mai avuto nulla, in verità, che fosse tutto mio. Nella cittadina in cui sono cresciuta, mi incantavo a contemplarli dalle finestre affacciate sul negozio di musica, poi, una delle mie tante mamme, l'ha comprato di seconda mano da un'ex stella del cinema muto. Era scheggiato, rotto, scordato, ma aveva ancora tante cose belle da dire.
Distrutto e annientato come questo cuore mio, ma con ancora tante melodie da cantare». E' allora che noto le occhiaie coperte da un velo di fondotinta, le rughe scavate dal dolore, un ghigno sofferente mascherato da sorriso. La sua vita la conoscono tutti, ma ora mi darà un frammento inedito di sé stessa. La vecchia e la nuova lei si incontrano a bordo di quella zattera di salvataggio dal suono incantevole. Canta per me, canta perché certe parole non possono rimanere non dette. 
 
Pensavano di potermi ferire, di riuscire a buttarmi giù.
Ho sofferto ogni offesa, ma ora mi elevo al di sopra di tutto.
Sì, il prezzo che ho pagato era tutto ciò che avevo, ma se
qualcosa di buono può venire dal male, il passato può riposare in pace.
Quindi, se vedete qualcuno che soffre e ha bisogno di una mano,
non dimenticatemi, o se sentite una melodia triste di una mezza coda,
beh, non dimenticatemi. Quando cantate “tanti auguri” a qualcuno che amate,
o vedete dei gioielli che vorreste fossero gratis, lasciate che brilli come
se fossi la vostra stella. Ma dimenticate ogni uomo che ho incontrato,
perché hanno vissuto solo per controllarmi. Per un bacio hanno pagato mille dollari,
ma hanno messo all'asta la mia anima per cinquanta centesimi!
Ma non hanno comprato me quando hanno comprato il mio nome ed ecco
perché vi prego di non dimenticarmi. Ci sono persone che per brillare
non possono farlo da sole, quindi proteggetele e abbiatene una cura speciale,
abbiatene cura.. Quando guardate il cielo con la persona che amate,
e una luce brilla lontana, spero che vediate il mio viso e che diciate una preghiera,
e, vi prego, fatemi diventare quella stella”

Una sua lacrima cade al suolo e io svanisco in essa. Una lacrima per coloro che sono vittime dei demoni della giovinezza e della fama. Una lacrima per chi, a proprie spese, ha imparato che i soldi non possono comprare l'affetto di una famiglia, l'amore e il calore di una persona che ti stringe a sé. Una lacrima per scoprirsi sveglio nella propria stanza, davanti allo schermo di un pc che, fino a poco prima, era un lenzuolo bianco. Mia mamma mi passa accanto e mi scuote i capelli, via le cuffie dell'ipod dalle orecchie. «Dove sei stato di bello, Michè?», dice prendendomi in giro. Sto al gioco, e rispondo: «Da un'amica.. Da un'amica..». Forse è una bugia, ma sul viso sento l'ombra di un suo bacio. Dentro, l'eco di un vuoto che - contro i luoghi comuni e la negligenza dei bigotti col dito puntato - ho imparato a capire.
Nota: Quest'idea mi è venuta per caso, quando mi sono accordo che mancavano poche settimane al mio turno nello scrivere un post per questa bella rubrica. Ahimè, non mi sono affidato alla lettura di biografie o romanzi – amici e parenti, tuttavia, mi parlano benissimo di Vivere e morire d'amore, di Alfonso Signori e La mia settimana con Marilyn, di Colin Clark - ma mi sono lasciato ispirare dallo splendido film con Michelle Williams e Eddie Redmayne (la mia recensione qui) e dalla serie musicale Smash, a un cui brano (Don't Forget me) è ispirata interamente la canzone intonata dalla mia “amica per un giorno”. 


Il titolo di quest'avventura riprende, invece, quello del romanzo Cercando Alaska, di John Green. Un'altra incognita bionda alle prese con gli spettri dei suoi giovani anni.
Al prossimo mese, Mr. Ink."

Ve lo avevo detto no che era stupendo e particolare questo ritratto?! 
Vi ricordo che come sempre potete leggere questo articolo anche sui blog di.
Vi aspettiamo il prossimo mese con un nuovo ritratto.

giovedì 30 agosto 2012

Pastafrolla

Un ricetta che penso di mettere praticamente da quando ho cominciato col blog e che per mille e uno motivi non ho mai inserito (non ho voglia di copiare la ricetta, le foto son venute male, ho trovato una ricettina che devo assolutamente provare, la crostata la farò un'altra volta, e via dicendo...)
Ora però devo assolutamente cercare di capire come funzionano i posta programmati, e questa è l'unica ricetta che ho già qui bell'e pronta quindi FINALMENTE è il suo turno.

Ingredienti:
- 500 gr di farina 00
- 2 uova + 1 tuorlo
- 250 gr di zuchero
- 250 gr di burro freddo
- scorza si limone grattugiato
- sale

Preparazione:
Mescolare la farina con lo zucchero, la scorza di limone e un pizzico di sale e formare una fontana sulla spianatoia, rompere al centro le uova e il tuorlo, aggiungere il burro a pezzetti e impastare velocemente.
Avvolgere l'impasto nella pellicola e lasciarlo ripoosare in frigo per almeno mezz'ora.
Stendere la pasta nella teglia.
Farcirla a piacere oppure ricoprire con carta da forno e legumi secchi, infornare a 160° per 30 minuti.
Io uso la stessa ricetta per fare i biscotti con l'unica differenza che aggiungo mezza bustina di lievito per dolci.


Questa volta ho preparato una crostata con la crema pasticcera, spennellando la superficie della torta con l'albume avanzato prima di infornarla



EDIT:  Tantativo n°1 di pianificazione del post fallito, ora ci riprovo
EDIT 2: ho vinto io! infatti state leggendo YHEPPA!


domenica 12 agosto 2012

Krapfen

Sta mattina sono andata in un bar a fare colazione che fa dell brioches SPETTACOLARI, ho preso un krapfen enorme pieno, stra pieno, di Nutella, era buonissimo, e io so come si preparano.

Ingredienti:
500 gr di farina
50 gr di lievito di birra
180 gr di latte
35 gr di zucchero
5 tuorli
80 gr di burro
un limone
i semi di una bacca di vaniglia
confettura o crema pasticcera (o Nutella, perchè no?!)
zucchero a velo per decorare
olio per friggere

Procedimento:
In una ciotola sbriciolate il lievito di birra diluitelo con il latte tiepido e aggiungete 80 gr di farina, mescolate bene e fate riposare, coperto e al caldo per 20 minuti.
Setacciate sulla spianatoia la farina rimasta, unire lo zucchero, i tuorli, il burro fuso, la scorza di limone grattugiato, i semi di vaniglia e un pizzico di sale.
In fine aggiungete anche il panetto lievitato.
Lavorate a lungo la pasta, fin quando non sarà bella liscia e farà le bolle.
Fate lievitare coperto e in un luogo tiepido per 30 minuti.
Trascorso il tempo necessario stendete la pasta a circa ½ cm di spessore.
Tagliate la pasta in dischi di circa 7 cm di diametro.
Su metà dei dischi che avete formato mettete un po' del ripieno che avete scelto, coprite con l'altra metà e rifilate i bordi con un taglia pasta in modo da sigillare bene i bordi.
Lasciate lievitare brevemente e poi friggeteli in abbondante olio bollente.
Una volta tirati fuori dalla friggitrice passateli, ancora caldi nello zucchero a velo.

Con queste quantità ne vine un numero considerevole (25 o 30) ma dato che a farli ci vuole molto tempo, quando decido di prepararli li faccio per tutto il vicinato.


martedì 24 luglio 2012

Torta al bincomangiare

Il biancomangiare è un dolce di origine francese, diffusasi in Italia nel XII secolo, dove venne poi declinata in vari gusti.
Prende il nome proprio dal  suo colore bianco determinato dagli ingredienti che si utilizzano per la sua preparazione.


Ingredienti:
x il ripieno:
1 l di latte
150 gr di zucchero
150 gr di fecola di patate
1 limone
x la pasta:
500 gr di farina
125 gr di burro
1 uovo
2 cucchiai di zucchero

Preparazione:
Partiamo dal ripieno.
Versate il latte in una casseruola e stemperate la fecola.
Unite lo zucchero, la scorza di limone grattugiato e portate ad ebolizione, a fiamma moderata mescolando.
Fate cuocere la crema per 2-3 minuti per farla addensare e poi lasciatela raffreddare.
Per la pasta setacciate la farina su una spianatoia, formate una fontana e nel mezzo sgusciate l'uovo.
Aggiungete metà dello zucchero, il burro a pezzetti ammorbidito e mezzo bicchiere di acqua tiepida.
Lavorate l'impasto fino ad ottenere una palla liscia.
Stendete la pasta ad uno spessore di mezzo centimetro e rivestite uno stampo da crostata antiaderente imburrato.
Versate la crema all'interno della pasta e ricoprite il tutto con il resto della pasta.
Sigillate i bordi, bucherellate la superficie e cospargetela con il resto dello zucchero.
Infornate a 180° per 30 minuti.
Lasciate raffreddare completamente il forno tirate fuori la torta sformatela e ponetela in frigo per 3 o 4 ore in modo che la crema interna si raffreddi completamente e prenda la giusta consistenza.




 Il mio nipotino che festeggia il suo "non compleanno" con tanto di candela e coro di tanti auguri a te
Non è un amore?


Con questa ricetta dolce partecipo a Get an Aid in the Kitchen di Cucina di Barbara