domenica 11 dicembre 2011

Brasato


In questo periodo non ci sono mai, sulla mia carta d'identità hanno dovuto correggere l'indirizzo hanno cancellato quello di casa e ci hanno scritto quello del lavoro.
Ma nonostante tutto continuo a cucinare, anche se speso mi manca il tempo di trasferire le ricette che faccio sul blog.
Lunedì o martedì facendo la spesa con mamma ho visto questo bel pezzo di carne e ho subito pensato al brasato.
Comprato e fatto subito.
Classica ricetta piemontese che, ne sono sicura non ha bisogno di grandi presentazioni.
Tante persone che conosco non lo fanno mai perché “è lungoooo”, ma, vi svelo un segreto, si fa da solo, voi dovete solo metterlo in pentola e lasciarlo, lì.

Ingredienti:
800 gr di polpa di manzo
1 l di vino rosso (la ricetta vera prevede il barolo, ma personalmente non ho 20 euro da spendere per una bottiglia di vino, soprattutto considerando che non la devo neanche bere, io di solito uso il nero d'avola, che è quello che ho in casa perché piace a papà e vi assicuro viene buonissimo)
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
1 ciuffo di prezzemolo
1 ciuffo di salvia
1 rametto di rosmarino
1 foglia di alloro
50 gr di pancetta
olio extravergine d'oliva
sale e pepe

Procedimento:
Tagliate a pezzetti la carota, la cipolla e il sedano, non è necessario che facciate un trito fine come per il soffritto, potete essere tranquillamente un po' più grossolani.
Metteteli in una ciotola con la carne, un po' di sale e pepe, e le erbe aromatiche legate insieme in un mazzetto.
Bagnate con il vino, coprite e lasciate marinare per almeno 8 ore.
In una padella con il fondo spesso (io uso quella della pentola a pressione) fate rosolare la pancetta con un po' di olio.
Scolte la carne dalla marinata, mettetela in pentola e scottatela su tutti i lati.
Aggiungete la marinata e fate cuocere, il tutto per tre ore e mezzo a fuoco lentissimo.
Una volta pronta tagliate la carne, frullate il fondo dopo aver eliminato il mazzetto aromatico e versatelo sulla carne (o sulla polenta vi assicuro è buonissimo).

lunedì 5 dicembre 2011

Ritratto di signora: Ellen Johnson-Sirleaf, Leymah Roberta Gbowee, Tawakkul Karman

Ed eccoci qui il primo lunedì di Dicembre a pubblicare il nuovo articolo di questa rubrica nata in seguito alla giustissima indignazione di Monica riguardo a una pubblicità che ha visto per le strade della sua città (potete leggere qui tutti i particolari).


In collaborazione con
Monica di Books Land
Miki di MikiInThePinkLand
Sofia di  Cinesofi
Elena di il diario della fenice
ogni primo del mese vi parleremo delle donne che sono un esempio per noi.
E questo mese tocca a me raccontarvi una storia (anzi tre) di coraggio e passione.




Il 10 dicembre ci sarà ad Oslo la tradizionale cerimonia per il conferimento dei premi Nobel
In 110 anni il Nobel per la pace è stato assegnato solo ad undici donne.
Undici donne alle quali quest'anno se ne aggiungono altre tre: Ellen Johnson-Sirleaf, presidentessa della Liberia, Leymah Roberta Gbowee, avvocatessa liberiana, e l'attivista yemenita Tawakkul Karman
"per la loro lotta non violenta in favore della sicurezza delle donne e del loro diritto a partecipare al processo di pace.”
Non possiamo raggiungere democrazia e pace durevole nel mondo se le donne non raggiungono le stesse opportunità degli uomini a influenzare gli sviluppi di tutti i livelli della società”
e con l'augurio che il conferimento di questo premio:
"aiuti a porre fine all'oppressione delle donne, che ancora esiste in molti Paesi, e a realizzare "il grande potenziale" che le donne possono rappresentare per la pace e la democrazia”.

Ellen Johnson Sirleaf, soprannominata anche la Donna di Ferro, è madre di quattro figli, ha sei nipoti, ed è l'attuale presidente della Liberia, paese che guida dal 2005.
Prima donna nera nel mondo presidente di uno stato e anche la prima donna eletta come capo di stato in Africa.
Dopo aver preso il diploma in economia, nel 1970 presso l'università del Colorado e un master in pubblica amministrazione ad Harvard l'anno seguente, torna in Liberia e diventa Assistant Minister delle Finanze sotto l'amministrazione di William Tolbert.
Quando il governo liberiano, nel 1980, viene rovesciato dal sergente dell'esercito Samuel Doe, Ellen Johnson andò in esilio a Nairobi.
Tornò in patria per partecipare alle elezione del senato della Liberia nel 1985, ma in seguito alle pubbliche accuse che lanciò contro il regime militare di Doe fu condannata a dieci anni di prigione.
Una volta rilasciata si trasferì a Washington tornando nuovamente in Liberia nel 1997 come economista della Banca Mondiale.
Dopo che, in un primo momento, aveva supportato la sanguinosa rivolta di Charles Taylor contro il regime militare di Doe, nel 1990, gli si oppose e corse contro di lui alle presidenziali del 1997, ottenendo però solo il 10% dei voti e un accusa di tradimento.
Ellen Johnson mise in atto una campagna fino ad arrivare alla rimozione di Taylor, e giocò un ruolo attivo nel governo di transizione mentre il paese si preparava alle elezioni del 2005.
Elezioni che vinse come leder del Partito dell'Unità, con un margine pari al 20% dei voti, contro l'ex calciatore George Weah.
Nel 2006 in un discorso alle camere riunite del congresso degli Stati Uniti chiese il supporto americano per aiutare il suo paese ad essere
" un faro splendente, un esempio per l'Africa e per il mondo di cosa può ottenere l'amore per la libertà."

Leymah Roberta Gbowee , madre di sei figli, avvocato e militante pacifista fin da quando aveva 17 anni, a causa della sua carnagione chiara vine chiamata La Rossa, ma anche la Guerriera della Pace.
Ha studiato alla Eastern Mennonite University in Virginia. Tornata nel paese all'indomani dello scoppio della Prima guerra civile liberiana nel 1989, decise di impegnarsi in prima persona in attività umanitarie.
Nel giro di poche ore da semplice diciassettenne diventai il punto di riferimento per un’intera famiglia. Da semplice diciassettenne con i problemi di una teenager diventai una donna molto arrabbiata, una donna sempre più arrabbiata man mano che crescevo. La mia rabbia mi portò al punto di dover decidere da che parte della guerra volevo stare. Mi chiesi: vuoi stare dalla parte dei persecutori, vuoi stare sempre in mezzo, come vittima, o vuoi stare dalla parte dei vincitori? Scelsi di vincere”.
Per questo motivo, fondò la, insieme a Comfort Freeman, WIPNET (Women in Peacebuilding Network, rete di donne per la costruzione della pace).
Le due donne, che erano anche presidenti di due diverse chiese luterane, scrissero a Taylor:
In passato siamo rimaste in silenzio, ma dopo essere state uccise, violentate, disumanizzate e infettate e aver visto i nostri bambini e le nostre famiglie distrutte, la guerra ci ha fatto capire che il futuro risiede nel dire 'no' alla violenza e 'sì’ alla pace”.
Quando nel 2002 Leymah Roberta Gbowee, fonda la Women of Liberia Mass Action For Peace, il suo paese è preda di una guerra civile tra opposte fazioni che, a fasi alterne, dura da circa quindici anni.
E’ un giorno qualunque di prima mattina, e si odono gli spari di guerra, quando tra le bancarelle del mercato del pesce, un gruppetto di donne, tutte vestite di bianco, colore che diventa il loro segno distintivo, arrivato in silenzio si mette improvvisamente a cantare e a pregare.
Sono le donne liberiane per la Pace, e in testa c’è lei, chiedono tregua alle fazioni in lotta, chiedono l’accordo e la fine della guerra civile, la pacificazione del Paese, elezioni democratiche, ricostruzione e futuro per le famiglie e i figli.
In poche settimane, la pressione sociale delle attiviste vestite di bianco, cresce moltissimo, coinvolge donne di diversa professione e fede,cristiane e musulmane; di giorno cantano e pregano insieme, di notte impongono a mariti e amanti lo sciopero del sesso, lo adottano come azione di lotta non violenta contro la guerra.
La protesta si impone nel Paese, è la prima volta che si vedono cristiane e musulmane sfilare insieme, unite, mentre veglie per la pace coinvolgono insieme moschee e chiese.
La Women of Liberia Mass Action For Peace riuscirà ad ottenere un incontro con Charles Taylor, presidente in carica e protagonista dei quindici anni di guerra civile, e gli chiederà il cessate il fuoco e negoziati di pace. Taylor, che per farla sgombrare è arrivato ad offrire 5.000,00 dollari ottenendo in cambio un solenne rifiuto,
il denaro non compra la pace”,
sarà costretto a capitolare.
Nel 2003 una delegazione di donne con Leymah Roberta Gbowee in testa arriva ad Accra, capitale del Gana, dove i previsti colloqui stanno languendo e inscena una protesta silenziosa davanti al Palazzo presidenziale: è la molla che determinerà l’accordo tra le fazioni e la fine della guerra civile liberiana.

Tawakkul Karman, madre di tre figli, giornalista e attivista in un paese sotto un
un regime che in realtà ha ucciso più donne e bambini dei terroristi”
Regime, tra l'altro, mantenuto anche con fondi USA.
Nel 2004 osò togliersi il velo alla conferenza sui diritti umani esortando tutte le altre donne a fare altrettanto. Da allora si è impegnata per difendere la libertà di pensiero e di espressione. Per queste sue “libertà” venne denunciata e le venne vietato di creare giornali o radio per diffondere il suo pensiero.
Nel 2005 fonda l’ong “Women Journalists Without Chains” , Giornaliste senza catene (Wjwc), per promuovere la libertà di informazione e i diritti umani nel suo Paese. Dalla libertà di stampa il suo impegno si è sempre più allargato verso i diritti delle donne, dei bambini, la lotta alla corruzione e al cattivo governo.
Dal 2007 al 2010 espresse la propria ribellione partecipando, ogni martedì, a manifestazioni e sit-in davanti il palazzo governativo.
Dallo scoppio della primavera araba, le attività della Wjwc si sono intrecciate con le manifestazioni che chiedono più giustizia e l’allontanamento del presidente Ali Abdullah Saleh, bollato come un dittatore.
Il 3 febbraio di quest'anno, sulla scia di quanto successo già in alti paesi arabi e nordafricani, organizza il Giorno della Rabbia chiamando in piazza moltissimi giovani e studenti.
Ma l’impegno di Tawakul Karman si differenzia dalle manifestazioni antigovernative per due motivi: il primo è che lei è un’avvocata della non violenza.
Noi rifiutiamo la violenza e sappiamo bene quanti problemi la violenza ha causato al nostro Paese”.
Il secondo motivo è che l’attività di Karman è diretto anzitutto alla promozione della donna, in un Paese come lo Yemen, dove è radicato il maschilismo tribale e islamico.
Il 67% delle donne sono analfabete e nella povertà, sono loro a soffrire più di malnutrizione, perché le famiglie privilegiano i maschi nella distribuzione del cibo.
La sua ong sfida il costume tradizionale, frenando i matrimoni delle bambine, aprendo corsi di alfabetizzazione per ragazze e spingendole a reclamare i loro diritti in famiglia.
Nel marzo 2010 le è stato assegnato il premio internazionale “Donna del coraggio”
“Le donne devono smettere di sentirsi un problema e divenire parte della soluzione. Siamo state emarginate per lungo tempo e questo è il momento per le donne di levarsi e divenire attive senza bisogno di chiedere permessi o accettazioni. Questa è l’unico modo per dare qualcosa alla nostra società e permettere allo Yemen di raggiungere le grandi potenzialità che esso ha”.
Queste donne che hanno dovuto difendere in maniera molto concreta i loro ideali ci possono sicuramente insegnare che per cambiare il mondo non c'è bisogno di guerre e distruzione, ma una buona testa e un cuore grande possono fare molto di più. (Fede)


E per oggi questo è tutto, vi ricordo che chiunque fosse interessato a partecipare a questa iniziativa, o avesse qualunque domanda o suggerimento può mandare una mail a Mki ( imaginary82@hotmail.it ) o a Monica ( moki418@hotmail.it )