In collaborazione con
Monica di Books Land
Miki di MikiInThePinkLand
Sofia di Cinesofi
Elena di il diario della fenice
ogni primo del mese vi parleremo delle donne che sono un esempio per noi.
E questo mese tocca a me raccontarvi una storia (anzi tre) di coraggio e passione.
In 110 anni il
Nobel per la pace è stato assegnato solo ad undici donne.
Undici donne alle
quali quest'anno se ne aggiungono altre tre: Ellen Johnson-Sirleaf,
presidentessa della Liberia, Leymah Roberta Gbowee, avvocatessa
liberiana, e l'attivista yemenita Tawakkul Karman
"per
la loro lotta non violenta in favore della sicurezza delle donne e
del loro diritto a partecipare al processo di pace.”
“Non
possiamo raggiungere democrazia e pace durevole nel mondo se le donne
non raggiungono le stesse opportunità degli uomini a influenzare gli
sviluppi di tutti i livelli della società”
e con l'augurio che il conferimento di questo
premio:
"aiuti
a porre fine all'oppressione delle donne, che ancora esiste in molti
Paesi, e a realizzare "il grande potenziale" che le donne
possono rappresentare per la pace e la democrazia”.
Ellen
Johnson Sirleaf, soprannominata
anche la Donna di Ferro, è madre di quattro figli, ha sei nipoti,
ed è l'attuale presidente della Liberia, paese che guida dal
2005.
Prima
donna nera nel mondo presidente di uno stato e anche la prima donna
eletta come capo di stato in Africa.
Dopo
aver preso il diploma in economia, nel 1970 presso l'università del
Colorado e un master in pubblica amministrazione ad Harvard l'anno
seguente, torna in Liberia e diventa Assistant
Minister delle
Finanze sotto l'amministrazione di William Tolbert.
Quando
il governo liberiano, nel 1980, viene rovesciato dal sergente
dell'esercito Samuel Doe, Ellen Johnson andò in esilio a Nairobi.
Tornò
in patria per partecipare alle elezione del senato della Liberia nel
1985, ma in seguito alle pubbliche accuse che lanciò contro il
regime militare di Doe fu condannata a dieci anni di prigione.
Una
volta rilasciata si trasferì a Washington tornando nuovamente in
Liberia nel 1997 come economista della Banca Mondiale.
Dopo
che, in un primo momento, aveva supportato la sanguinosa rivolta di
Charles Taylor contro il regime militare di Doe, nel 1990, gli si
oppose e corse contro di lui alle presidenziali del 1997, ottenendo
però solo il 10% dei voti e un accusa di tradimento.
Ellen
Johnson mise in atto una campagna fino ad arrivare alla rimozione di
Taylor, e giocò un ruolo attivo nel governo di transizione mentre il
paese si preparava alle elezioni del 2005.
Elezioni
che vinse come leder del Partito dell'Unità, con un margine pari al
20% dei voti, contro l'ex calciatore George Weah.
Nel
2006 in un discorso alle camere riunite del congresso degli Stati
Uniti chiese il supporto americano per aiutare il suo paese ad
essere
"
un faro splendente, un esempio per l'Africa e per il mondo di cosa
può ottenere l'amore per la libertà."
Leymah
Roberta Gbowee , madre di sei figli, avvocato e militante
pacifista fin da quando aveva 17 anni, a causa della sua carnagione
chiara vine chiamata La Rossa, ma anche la Guerriera della Pace.
Ha
studiato alla Eastern Mennonite University in Virginia. Tornata nel
paese all'indomani dello scoppio della Prima guerra civile liberiana
nel 1989, decise di impegnarsi in prima persona in attività
umanitarie.
“Nel
giro di poche ore da semplice diciassettenne diventai il punto di
riferimento per un’intera famiglia. Da semplice diciassettenne con
i problemi di una teenager diventai una donna molto arrabbiata, una
donna sempre più arrabbiata man mano che crescevo. La
mia rabbia mi portò al punto di dover decidere da che parte della
guerra volevo stare. Mi chiesi: vuoi stare dalla parte dei
persecutori, vuoi stare sempre in mezzo, come vittima, o vuoi stare
dalla parte dei vincitori? Scelsi di vincere”.
Per questo
motivo, fondò la, insieme a Comfort Freeman, WIPNET (Women in
Peacebuilding Network, rete di donne per la costruzione della pace).
Le due donne, che
erano anche presidenti di due diverse chiese luterane, scrissero a
Taylor:
“In
passato siamo rimaste in silenzio, ma dopo essere state uccise,
violentate, disumanizzate e infettate e aver visto i nostri bambini e
le nostre famiglie distrutte, la guerra ci ha fatto capire che il
futuro risiede nel dire 'no' alla violenza e 'sì’ alla pace”.
Quando nel 2002
Leymah Roberta Gbowee, fonda la Women of Liberia Mass Action For
Peace, il suo paese è preda di una guerra civile tra opposte
fazioni che, a fasi alterne, dura da circa quindici anni.
E’ un giorno qualunque di prima mattina, e si odono gli spari di guerra, quando tra le bancarelle del mercato del pesce, un gruppetto di donne, tutte vestite di bianco, colore che diventa il loro segno distintivo, arrivato in silenzio si mette improvvisamente a cantare e a pregare.
Sono le donne liberiane per la Pace, e in testa c’è lei, chiedono tregua alle fazioni in lotta, chiedono l’accordo e la fine della guerra civile, la pacificazione del Paese, elezioni democratiche, ricostruzione e futuro per le famiglie e i figli.
In poche settimane, la pressione sociale delle attiviste vestite di bianco, cresce moltissimo, coinvolge donne di diversa professione e fede,cristiane e musulmane; di giorno cantano e pregano insieme, di notte impongono a mariti e amanti lo sciopero del sesso, lo adottano come azione di lotta non violenta contro la guerra.
La protesta si impone nel Paese, è la prima volta che si vedono cristiane e musulmane sfilare insieme, unite, mentre veglie per la pace coinvolgono insieme moschee e chiese.
E’ un giorno qualunque di prima mattina, e si odono gli spari di guerra, quando tra le bancarelle del mercato del pesce, un gruppetto di donne, tutte vestite di bianco, colore che diventa il loro segno distintivo, arrivato in silenzio si mette improvvisamente a cantare e a pregare.
Sono le donne liberiane per la Pace, e in testa c’è lei, chiedono tregua alle fazioni in lotta, chiedono l’accordo e la fine della guerra civile, la pacificazione del Paese, elezioni democratiche, ricostruzione e futuro per le famiglie e i figli.
In poche settimane, la pressione sociale delle attiviste vestite di bianco, cresce moltissimo, coinvolge donne di diversa professione e fede,cristiane e musulmane; di giorno cantano e pregano insieme, di notte impongono a mariti e amanti lo sciopero del sesso, lo adottano come azione di lotta non violenta contro la guerra.
La protesta si impone nel Paese, è la prima volta che si vedono cristiane e musulmane sfilare insieme, unite, mentre veglie per la pace coinvolgono insieme moschee e chiese.
La Women of
Liberia Mass Action For Peace riuscirà ad ottenere un incontro con
Charles Taylor, presidente in carica e protagonista dei quindici anni
di guerra civile, e gli chiederà il cessate il fuoco e negoziati di
pace. Taylor, che per farla sgombrare è arrivato ad offrire 5.000,00
dollari ottenendo in cambio un solenne rifiuto,
“il
denaro non compra la pace”,
sarà costretto
a capitolare.
Nel 2003 una delegazione di donne con Leymah Roberta Gbowee in testa arriva ad Accra, capitale del Gana, dove i previsti colloqui stanno languendo e inscena una protesta silenziosa davanti al Palazzo presidenziale: è la molla che determinerà l’accordo tra le fazioni e la fine della guerra civile liberiana.
Nel 2003 una delegazione di donne con Leymah Roberta Gbowee in testa arriva ad Accra, capitale del Gana, dove i previsti colloqui stanno languendo e inscena una protesta silenziosa davanti al Palazzo presidenziale: è la molla che determinerà l’accordo tra le fazioni e la fine della guerra civile liberiana.
Tawakkul
Karman, madre di tre figli,
giornalista e attivista in un paese sotto un
“un
regime che in realtà ha ucciso più donne e bambini dei terroristi”
Regime, tra l'altro, mantenuto anche con fondi
USA.
Nel 2004 osò togliersi il velo alla conferenza
sui diritti umani esortando tutte le altre donne a fare altrettanto.
Da allora si è impegnata per difendere la libertà di pensiero e di
espressione. Per queste sue “libertà” venne denunciata e le
venne vietato di creare giornali o radio per diffondere il suo
pensiero.
Nel
2005 fonda l’ong
“Women Journalists Without Chains” , Giornaliste senza catene
(Wjwc), per promuovere la libertà di informazione e i diritti umani
nel suo Paese. Dalla libertà di stampa il suo impegno si è sempre
più allargato verso i diritti delle donne, dei bambini, la lotta
alla corruzione e al cattivo governo.
Dal 2007 al 2010 espresse la propria ribellione partecipando, ogni martedì, a manifestazioni e sit-in davanti il palazzo governativo.
Dal 2007 al 2010 espresse la propria ribellione partecipando, ogni martedì, a manifestazioni e sit-in davanti il palazzo governativo.
Dallo scoppio della primavera araba, le
attività della Wjwc si sono intrecciate con le manifestazioni che
chiedono più giustizia e l’allontanamento del presidente Ali
Abdullah Saleh, bollato come un dittatore.
Il 3 febbraio di quest'anno, sulla scia di
quanto successo già in alti paesi arabi e nordafricani, organizza il
Giorno della Rabbia chiamando in piazza moltissimi giovani e
studenti.
Ma l’impegno di Tawakul Karman si differenzia
dalle manifestazioni antigovernative per due motivi: il primo è che
lei è un’avvocata della non violenza.
“Noi
rifiutiamo la violenza e sappiamo bene quanti problemi la violenza ha
causato al nostro Paese”.
Il secondo motivo è che l’attività di
Karman è diretto anzitutto alla promozione della donna, in un Paese
come lo Yemen, dove è radicato il maschilismo tribale e islamico.
Il 67% delle donne sono analfabete e nella
povertà, sono loro a soffrire più di malnutrizione, perché le
famiglie privilegiano i maschi nella distribuzione del cibo.
La sua ong sfida il costume tradizionale, frenando i matrimoni delle bambine, aprendo corsi di alfabetizzazione per ragazze e spingendole a reclamare i loro diritti in famiglia.
La sua ong sfida il costume tradizionale, frenando i matrimoni delle bambine, aprendo corsi di alfabetizzazione per ragazze e spingendole a reclamare i loro diritti in famiglia.
Nel marzo 2010 le è stato assegnato il premio
internazionale “Donna del coraggio”
“Le
donne devono smettere di sentirsi un problema e divenire parte della
soluzione. Siamo state emarginate per lungo tempo e questo è il
momento per le donne di levarsi e divenire attive senza bisogno di
chiedere permessi o accettazioni. Questa è l’unico modo per dare
qualcosa alla nostra società e permettere allo Yemen di raggiungere
le grandi potenzialità che esso ha”.
Queste donne che hanno dovuto difendere in
maniera molto concreta i loro ideali ci possono sicuramente insegnare
che per cambiare il mondo non c'è bisogno di guerre e distruzione,
ma una buona testa e un cuore grande possono fare molto di più.
(Fede)
E per oggi questo è tutto, vi ricordo che chiunque fosse interessato a partecipare a questa iniziativa, o avesse qualunque domanda o suggerimento può mandare una mail a Mki ( imaginary82@hotmail.it ) o a Monica ( moki418@hotmail.it )
Visto che emozione? Sono davvero contenta! Complimenti per la scelta e per l'articolo!!!
RispondiEliminaFedeeeeeeeeee eccomi! Articolo fantastico! Mi ha emozionata tanto!!! Queste tre donne sono veramente incredibili.. leggere di loro e della loro forza mi ha entusiasmata!
RispondiEliminaBravissima e grazie mille per esserti unita a noi.. adoro questa rubrica!
Grazie mille Fede...grazie mille ragazze....non conoscevo questa storie e conoscerle in questo modo è emozionante....quanto sono ORGOGLIOSA DI VOI!
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