Ed eccoci ancora al nostro appuntamento mensile con questa bella rubrica che ogni volta ci fa conoscere delle donne che hanno molto da insegnare.
Dopo un mese di pausa, oggi a Miki presentarci la vita di una donna straordinaria.
Questo ritratto è nato quasi per caso ed è lontano anni luce
dall’idea iniziale che ho coltivato per il post di questo mese. Purtroppo, per
vari motivi, quell’idea non ha potuto prendere corpo, così, a pochi giorni
dall’appuntamento con la rubrica, mi sono ritrovata senza spunti e senza
articolo.
Grazie ad un suggerimento di Monica, ho cominciato ad informarmi
ed a buttare giù qualche riga, ma non stava venendo fuori nulla di decente,
nulla che sentissi mio.
Come spesso accade, l’illuminazione
mi ha colta mentre ero intenta a fare tutt’altro, così, stringendo in mano un
vecchissimo diario, datato 2002, ho capito all’istante di chi volevo parlare.
Si tratta di un’agenda che mi è stata regalata una sera dal mio fidanzato. Ero
stata attratta dalla copertina e dalle delicate illustrazioni contenute
all’interno, che, con linee morbide e delicati toni pastello, ogni mese,
raffiguravano un personaggio femminile importante
. Grazie a quell’agenda ho conosciuto la vita di Florence Nightingale, Grazia
Deledda, Maria Goretti , Marie Curie e molte altre.
Leggere queste storie fa comprendere come spesso, per alcune
donne, realizzare un sogno, seguire un’inclinazione, coltivare una passione si
sia tradotto in lottare, in
scontrarsi contro le tradizioni, contro la “morale”, abbattere mura di ostilità
e scavalcare ostacoli insormontabili. Solo
per essere chi volevano essere.
Oggi non è poi così difficile realizzare un sogno. Molti dicono
“basta volerlo” ma non credo sia sufficiente. Una cosa è certa: un impegno
costante, la passione, l’interesse vivo ed un po’ di “buona sorte” possono
farci raggiungere tutti i nostri obiettivi. E allora c’è la bambina che sogna
di fare la maestra e si iscrive alla Facoltà di Lettere, di Matematica, di
Storia e Filosofia, la ragazzina che vuole fare l’avvocato e si iscrive alla
Facoltà di Giurisprudenza e la bambina che sogna di essere un medico e di
guarire le persone “così potranno vivere per sempre” e allora passa l’estate a
studiare ed a compilare quiz su quiz per affrontare il terribile test
d’ingresso e alla fine ce la fa, riesce ad intraprendere quel percorso che
potrebbe farle realizzare il suo sogno, iscrivendosi alla Facoltà di Medicina e
Chirurgia.
Nonostante non sia e non sembri una cosa facile, di certo è poca
cosa in confronto a ciò che ha dovuto affrontare Elizabeth Blackwell, prima
donna medico della storia.
Conosco perfettamente la vita di Maria Montessori, prima donna ad
essersi laureata in Medicina in Italia, ma non conoscevo la storia di
Elizabeth.
Nata a Bristol nel 1821, si trasferisce negli Stati Uniti assieme
alla famiglia per volere del padre che muore pochi anni dopo. Appena
diciassettenne, orfana e con otto fratelli, Elizabeth si trova costretta ad
allontanarsi dai propri cari per intraprendere il lavoro di insegnante nel
Kentucky. Solo nel 1845, a 24 anni, quando ormai i fratelli e le sorelle
possono provvedere a loro stessi grazie a remunerative occupazioni, comincia a
chiedersi quale sia il suo scopo, cosa voglia fare della sua vita.
È un’amica malata che le suggerisce di intraprendere il cammino
per diventare un medico, come scopriamo leggendo queste poche righe dalla sua
autobiografia “Pioneer work in opening the medical profession to women”:
« Hai
passione per lo studio, tempo libero e godi di buona salute;
perché non studiare medicina?
Se fossi stata curata da una dottoressa,
non avrei patito le peggiori sofferenze »
perché non studiare medicina?
Se fossi stata curata da una dottoressa,
non avrei patito le peggiori sofferenze »
(Capitolo II, Earning money for medical study)
Essere un medico è una possibilità che non ha mai nemmeno sfiorato
la testa di Elizabeth eppure si ritrova
a pensarci seriamente, cominciando a desiderare di indossare quel camice
bianco.
« Elizabeth,
non ha neanche senso provarci.
Non potrai mai essere ammessa a queste scuole.
Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo
per guadagnare la conoscenza necessaria »
Non potrai mai essere ammessa a queste scuole.
Dovresti andare a Parigi e travestirti da ragazzo
per guadagnare la conoscenza necessaria »
(Dr. J. Warrington. Capitolo II, Earning money for medical study)
Ogni ostacolo che Elizabeth incontra non fa altro che ingigantire
il suo desiderio, che ormai sta cominciando ad assumere sempre di più l’aspetto
di una lotta morale.
Ciò che la disturba più di ogni altra cosa è che il termine
“dottoressa” venga accostato alle donne che in questo periodo praticano
l’aborto, in particolar modo Madame Restell, la prima aborzionista operante a New York.
Sul tema dell'aborto la posizione della Blackwell è molto chiara:
totale indignazione ed intransigenza.
Stiamo sempre parlando della prima metà
dell’800, e credo che una posizione del genere da parte di una donna sia più
che comprensibile:
« La
perversione ed il disprezzo della maternità da parte dell'aborzionista
mi riempie di indignazione, e risveglia in me un attivo antagonismo.
Che l'onorevole appellativo di 'dottoressa'
debba essere accostato esclusivamente a queste donne[...] mi fa orrore!" »
mi riempie di indignazione, e risveglia in me un attivo antagonismo.
Che l'onorevole appellativo di 'dottoressa'
debba essere accostato esclusivamente a queste donne[...] mi fa orrore!" »
Fino al 1847, Elizabeth si concentra sull’obiettivo di guadagnare
il denaro necessario per intraprendere gli studi. Il periodo trascorso nel
North Carolina è molto piacevole per lei: insegna musica in un istituto e la
domenica insegna a leggere e a scrivere agli schiavi. Ogni attimo del suo tempo
libero è impegnato nella lettura di testi di medicina , grazie anche al contributo
di un ex medico ora direttore della scuola in cui lavora.
Numerosi sono i rifiuti che riceve a seguito delle sue domande di
iscrizione, spesso accompagnati da parole dure che fanno riflettere non poco
sulla “posizione” che doveva avere la donna a quei tempi:
« Dovresti
convincerti che, come credo anch'io,
la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell'uomo
[...] e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori
e le donne infermiere. »
la donna sia stata inventata per essere il braccio destro dell'uomo
[...] e che quindi sia naturale che gli uomini siano dottori
e le donne infermiere. »
Ciò non scoraggia minimamente Elizabeth
che trae dal veleno di queste parole la linfa che le permette di scontrarsi
contro questo mondo chiuso e sprezzante.
Finalmente, il 20 Ottobre del 1847, a 26
anni, viene ammessa dal Geneva Medical Institute di New York.
La lettera di
ammissione è accompagnata dalle toccanti parole del presidente di facoltà
Charles Lee:
« Non
ci sono dubbi circa il fatto che tu possa, grazie ad un comportamento
giudizioso,
non solo far ricredere gli scettici, ma anche elevare te stessa senza nulla togliere alla dignità della professione.
Ti auguro di avere successo nella tua impresa..." »
non solo far ricredere gli scettici, ma anche elevare te stessa senza nulla togliere alla dignità della professione.
Ti auguro di avere successo nella tua impresa..." »
Comincia per Elizabeth un percorso
difficile, una lunga strada in salita fatta di studio, solitudine, derisione e
intolleranza. È fastidioso che sia
presente durante le lezioni di anatomia, è irritante che negli esami si
classifichi prima dei suoi colleghi maschi, ma nonostante ciò riesce a far apprezzare
le sue doti e ad entrare a far parte veramente di un mondo che fino a questo
momento è stato esclusivamente maschile, come dimostrano le parole di suo
fratello Henry, presente il giorno della laurea di Elizabeth:
« ...Lei
è stata in grado di dimostrare che il più solido intelletto, la pazienza e la
perseveranza più ostinata sono compatibili
con le più dolci caratteristiche femminili di delicatezza e grazia,
a tutti gli studenti che hanno dimostrato applaudendo con decisione una loro concorrente. »
con le più dolci caratteristiche femminili di delicatezza e grazia,
a tutti gli studenti che hanno dimostrato applaudendo con decisione una loro concorrente. »
In questa lettera alla madre, Henry descrive
la chiesa presbiteriana di Geneva gremita
di gente, dai giornalisti alle donne della città, curiose ma soprattutto
orgogliose. Elizabeth viene chiamata per ultima ed il suo diploma è
accompagnato da parole di stima da parte di compagni e professori e sentite
congratulazioni.
Dopo la laurea, la dottoressa Blackwell fa ritorno nella sua amata
Inghilterra, a Londra, in cui scopre che, nonostante l’accoglienza
entusiastica, non c’è posto per lei negli ospedali, nessuno la vuole accanto
come collega.
Si trasferisce a Parigi dove riesce finalmente a praticare la
professione presso l’istituto La Maternité, una scuola di formazione per
ostetriche e, nonostante non si tratti di un vero e proprio ospedale, qui
Elizabeth vive la corsia ed il contatto con le pazienti.
Questa e altre esperienze, inclusa una deludente al St.
Bartholomew’s Hospital di Londra, la riportano a New York , dove viene a
conoscenza della nascita del Women's Movement Right a Worcester, verso il
quale Elizabeth esprime tutto il suo sostegno:
« Il grande tema dell'Educazione non ha niente a che fare
con i diritti delle donne, o quelli degli uomini, ma con
la crescita dell'animo e del corpo umano. »
con i diritti delle donne, o quelli degli uomini, ma con
la crescita dell'animo e del corpo umano. »
Nonostante entrambe siano convinte che ragazzi e ragazze dovrebbero intraprendere assieme questo tipo di studi, la realtà rende indispensabile tale passo, considerando che i college rimanevano un’esclusiva maschile.
Solo nel 1859, il suo paese,
l’Inghilterra, le riconosce il suo ruolo, consentendole l’iscrizione nell’albo.
Dieci anni dopo, Elizabeth decide di tornare definitivamente a Londra, dove
accetta una cattedra di ginecologia alla
London School of Medicine for Women.
Il preoccupante diffondersi delle malattie veneree, in questo
periodo, fa riconoscere ad Elizabeth la necessità di fornire un'adeguata educazione
sessuale per arginare il fenomeno e a tal proposito compone il saggio The
Moral Education of the Young, considered under Medical and Social Aspects,
che viene pubblicato nonostante una simile opera, per giunta scritta da mani
femminili, sia ritenuta inopportuna e sconveniente. Anche in questo frangente
Elizabeth si dimostra caparbia e rivoluzionaria, sconvolgendo non poco l’ambiente
scientifico e la società in generale.
“Il libro si
conclude con parole di speranza verso un futuro in cui donne e uomini possano
alla pari occuparsi della Vita, per renderla migliore, per liberarla
progressivamente da ogni male.
Il sogno di Elizabeth
Blackwell, anche attraverso le sue battaglie, può oggi considerarsi in gran
parte realizzato, e le sue parole, quasi utopistiche allora, non sembrano
descrivere una realtà lontana dalla nostra:
« Lo
studio della natura umana da parte delle donne così come degli uomini
porterebbe alla nascita di una nuova era di speranza e intelligente cooperazione tra i due sessi,
e solo attraverso questa, un reale progresso può essere raggiunto ed assicurato. »”
porterebbe alla nascita di una nuova era di speranza e intelligente cooperazione tra i due sessi,
e solo attraverso questa, un reale progresso può essere raggiunto ed assicurato. »”
Spero che questo elenco di notizie
biografiche non vi abbia annoiato, ho cercato di riportare le più
significative, ritenendole tappe fondamentali della realizzazione di un sogno
che a quei tempi era letteralmente impossibile.
Donne come Elizabeth, con la loro forza,
la loro caparbietà, la loro passione e le loro idee, condivisibili o meno,
hanno spianato la strada a tutte quelle ragazze che come loro hanno un sogno e
la voglia di raggiungere un obiettivo.
A quei tempi la più “alta” occupazione a
cui una ragazza poteva aspirare era fare l’insegnante o l’istitutrice, in
attesa di un buon matrimonio che le garantisse una vita sicura e tranquilla.
Rompere questo schema ed imporsi in un ambiente ostile, riuscendo non solo a
raggiungere il proprio scopo ma riuscendo anche a farsi apprezzare da coloro
che inizialmente avevano precluso ogni possibilità di farne parte, rende, ai
miei occhi, questa donna degna di ammirazione ed è per questo e per il fatto
che condividiamo lo stesso sogno che ho voluto tracciarne il ritratto, sperando
che anche voi come me abbiate percepito in queste righe la sua prorompente
forza e determinazione.
Grazie.
Miki.
Bene vi aspettiamo il prossimo mese con un altro ritratto, e nel frattempo vi ricordo che potete leggere questa rubrica anche sui blog di:
Monica Book Land
Miki Miki In The Pinkland
Michele Mr.Ink. diario di una dipendenza
Francesa di Franci lettrice sognatrice
Miki Miki In The Pinkland
Michele Mr.Ink. diario di una dipendenza
Francesa di Franci lettrice sognatrice
Clara ThePauperFashionist
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