"Sapete qual è il bello del buon cibo? Che riunisce le persone...di qualunque genere...perchè riscalda il cuore di tutti e sulle labbra fa nascere un sorriso..."
Buon lunedì (con calma però che il fine settimana è stato difficile!) e bentornati con il nostro appuntamento.
Questo mese tocca a me parlarvi di una donna che mi ha colpito subito per la sua forza e la sua gioia di vivere
Ho “conosciuto” la donna di cui ho scelto di parlare solo poco tempo fa, non posso dire di averla seguita molto o di conoscerla benissimo, ma mi ha talmente colpito che non ho voluto aspettare.
Lei è Jordan Bone, una beauty blogger, e sul suo blog si presenta così:
“Hey, sono Jordan, ho 25 anni
(26 ormai, il suo compleanno è stato giusto pochi giorni fa, aggiungo io)
e vivo a Norfolk, Regno Unito.
Ho un meraviglioso spelndido fidanzato di nome Mike.
Lo amo molto.
Ho due cani pazzi: un chihuahua, Lola, di 6 anni e un Pomerania, Pumpkin, di 3.
Ho una famiglia meravigliosa che mi sostiene molto. Fortunata!”
Ricapitoliamo: Jordan è giovane, bella, bionda e con due occhi azzurri che fanno paura da quanto sono limpidi. È una beauty blogger e una yutber molto seguita (71.000 iscritti al suo canale).
È anche molto attiva su instagram (il social che seguo maggiormente e che adoro per la sua immediatezza) dove posta almeno un paio di foto al giorno con outfit, prodotti beauty e, ovviamente, i trucchi che realizza.
E quindi di che cosa stiamo parlando?
Basta continuare a leggere la sua presentazione:
“Beh non sono sempre stata così fortunata, anzi ad essere onesti sono stata molto lontana dall'esserlo”
Nel 2005, a soli 15 anni, a causa di un incidente d'auto si rompe la vertebra c6, e questo significa che si ritrova paralizzata dalla vita in giù.
Nell'età in cui le ragazze escono a divertirsi, studiano, crescono, Jordan si rtirova ad affrontare una sfida enorme.
Una sfida che guardando il suo blog è riuscita a vincere grazie soprattutto alla sua positività (oltre ovviamente al sostegno delle persone che ama).
Ora partecipa a programmi che servono a mettere in guarda i giovani sui rischi di una guida spericolata, e li sporna raccontando la sua storia e ripetendo loro:
“Sei incredibile, non invincibile”
Penso che già questo basterebbe a spiegare perchè ho pensato di parlavi di Jordan, ma c'è ancora una parte della storia da raccontare, che poi è il motivo per cui l'ho conosciuta.
Come ho detto, è una beauty blogger e una youtuber seguita, ha una tecnica di trucco molto particolare che nel montaggio finale dei suoi video si percepisce, ma non si capisce.
Jordan infatti ha scelto di tenere la disabilità fuori dai suoi video perché diventare una beauty blogger è stato il suo modo di dimostrare al mondo che era sempre la stessa, anche dopo l'incidente.
"Essere sulla sedia a rotelle non era nei miei piani,
perciò non ho voluto che la gente lo vedesse"
Nel tempo però chi la seguiva si è accorto che c'era qualcosa di strano nella sua tecnica e sempre più insistentemente le chiedevano che problemi avesse con le mani.
Alla fine Jordan ha deciso di girare un video dove mostra tutte le parti che normalmente tagliava.
Sempre in seguito al suo incidente ha una mobilità delle mani molto limitata, ma nonostante questo riesce a creare dei trucchi stupendi (che personalmente, con tutte le mia capacità motorie intatte, nemmeno mi sogno).
E in questo video dal titolo #MyBeautifulStruggle mostra il “dietro le quinte” dei suoi video, la difficoltà nell'impugnare i pennelli o nell'aprire un contenitore. Movimenti che noi compiamo tutti i giorni senza nemmeno doverci pensare per lei sono una sfida continua, ha dovuto inventare un modo tutto nuovo per compiere questi piccoli gesti.
E invita tutti quelli che la seguono a condividre le sfide che hanno dovuto affrontate usando l'hastag che lei ha scelto come titolo per il suo video.
So che può sembrare una cosa di poco conto, si potrebbe pensare che con tutti i problemi che ha dovuto affrontare, concentrarsi sulla capacità di truccarsi sia quasi superficiale.
Ma è proprio quello che mi ha colpito di più, personalmente credo che sia proprio in queste piccole cose di secondaria importanza che ha dimostrato ancora di più la sua forza.
Sarebbe stato semplice lasciare perdere il trucco, lasciare perdere youtube, e l'idea di diventare blogger, ma quello era il suo obiettivo e ha fatto di tutto per raggiungerlo.
Una torta semplice da fare e perfetta per una prima colazione da inzuppare nel latte.
Oppure con un po' di pana e di frutta si guarnisce velocemente rendendola un bellissimo dessert da presentare in tavola.
Non vi dico che ho fatto questa torta per il mio compleanno ad Aprile, visto che sono passati solo sei mesi. Ingredienti per 6 persone:
3 uova
3 vasetti di farina
2 vasetti di zucchero
1 vasetto di yogurt al naturale
1 vasetto di olio di semi
1 bustina di lievito per dolci
2 cucchiai di latte
burro q.b.
zucchero a velo q.b.
Procedimento:
Frulla uova, farina, yogurt, zucchero, olio, lievito e latte fino ad ottenere un composto ben amalgamato.
Imburra ed infarina uno stampo a ciambella da 24 cm di diametro, spolverizzatelo di zucchero, versa il composto e cuoci a 180°C per 30 minuti.
Lascia intiepidire il ciambellone poi sformalo.
Una volta raffreddata la torta si può completare con una spolverata di zucchero a velo, oppure, come dicevo prima, si può decorare.
Ho tagliato il ciambellone a metà e steso la panna sulla superficie e ricoperto con fragole tagliate a pezzi,
Dopo aver richiuso riposizionato parte superiore ho creato con la panna delle rose e posizionato al centro di ciascuna fragole intere
Questa non sarà una vera e propria ricetta, anzi niente numeri e una lista di ingredienti forse un po' insolita, ma vorrei condividere una piccola "scoperta "
che ho fatto tempo fa su Pinterest (qui accanto trovate il link al mio profilo, anche se ultimamente anche quello è stato un po' trascurato)
Comunque è un metodo per creare delle decorazioni ottimo, semplice e d'effetto.
Io l'ho utilizzato per aggiungere un tocco in più per la torta di compleanno per mia sorella (parliamo solo di 6 mesi fa, suvvia, non è mica passato così tanto tempo!)
Ingredienti:
pan di spagna
creama
pasta di zucchero
cialde di riso per involtini primavera
coloranti alimentari
pennarelli per alimenti
sagome
colla per alimenti
Preparazione:
Dopo aver assemblato una semplice torta di pan di spagna e crema (due strati viola e uno fucsia), l'ho coperta con la panna e rivestita con la pasta di zucchero fucsia,
Una volta fatto ciò ho steso la pasta di zucchero viola e tagliato delle strisce larghe circa 2-3 cm per posizionarle sulla torta fissandole con la colla alimentare.
Ho stampato un disegno dello Stregatto e ho ritagliato la sagoma delle varie parti del volto che volevo riprodurre.
Dopo aver ritagliato ogni parte nella pasta di zucchero nei colori le ho sovrapposte incollandole per riprodurre l'immagine e l'ho poi incollata sulla torta.
Per concludere, e questa è la scoperta che vorrei condividere con voi, ho utilizzato le cialde che si usano per fare gli involtini primavera per fare delle decorazioni in stile Alice nel Paese delle Meraviglie.
Dopo aver trovato dei disegni che mi piacessero (il cappello del Cappellaio Matto, l'orologio del Bianconiglio, e ovviamente la scritta We are all made here) li ho stampati e vi ho posizionato sopra la cialda di riso ricalcandola con i pennarelli alimentari.
Io li ho ritagliati usando il bisturi, facendo molta attenzione perché la cialda essendo rigida tende a spezzarsi.
Ho colorato i disegni come più mi piacevano e poi li ho incollati su degli stuzzicadenti per posizionarli poi in verticale sopra la torta,
Trovo questa tecnica ottima per chi come me non sa disegnare, basta posizionare la cialda sopra un disegno come se fosse carta da lucido e il gioco è fatto.
Al supermercato e nei negozi di pasticceria si trovano le cialde di ostia disegnate da porre sulle proprie torte, ma, e sono sicura non sia successo solo a me, non sempre si trovano i disegni che si vorrebbe, In questo modo il problema è risolto.
Ho provato questa ricetta in estate, quasi faceva caldissimo. E infatti l'abbiamo mangiata fredda come un'insalata, ma secondo me sarebbe ottima anche calda.
Anzi devo assolutamente rifarlo ora che fa più fresco perché era proprio buono.
Ingredienti (per 4 persone):
250 gr di riso basati
2 zucchine
200 gr di salmone affumicato
2 lime
Sale
Olio extravergine
Preparazione:
Tagliate a cubetti le zucchine e fatele saltare i una padella molto calda senza aggiungere nulla. Devono dorare leggermente all'esterno ma rimanere comunque croccanti.
Nel frattempo portate ad ebollizione una pentola di acqua salata e lessate il riso.
Una volta cotto il riso scolarlo e freddarlo veocemente sotto l'acqua fredda.
Condire il riso con un filo d'olio in modo che non si attacchi. Mescolarlo con le zucchine, il salmone fatto a strisce e il succo dei due lime.
Buon Lunedì.
Siamo già ad Ottobre, e vorrei essere decisamente più presente, non avendo altri appuntamenti fissi negli ultimi mesi ricompaio solo all'inizio del mese, ma prima o poi riuscirò a riprendere in mano la situazione.
Nel frattempo leggiamo insieme il ritratto che questo mese ha scritto Daniela per noi.
Oggi
ho scelto di parlarvi di una donna di cui sicuramente tutti avete
sentito parlare ma il cui nome magari non collegate immediatamente
alla storia. Anche io, come tutti ne avevo sentito parlare ma ho
potuto approfondirne la conoscenza leggendo il suo libro "Io
ci sono. La mia storia di non amore"
edito da Rizzoli dove in prima persona racconta quello di cui adesso
vi parlerò.
Lucia
Annibali, una forza disarmante, un coraggio non facile da
trovare e che può insegnare moltissimo su come affrontare le
difficoltà. E qui non parliamo di una difficoltà qualunque. È il
16 aprile 2013 quando Lucia viene sfregiata al volto con
l’acido da due albanesi all’interno del suo appartamento. Lei non
ha dubbi, il mandante è Luca Varani, avvocato di successo con
cui ha avuto una relazione che da tempo la perseguita.
Un uomo sicuramente
disturbato - perchè una persona che arriva ad un gesto del genere
non può essere una persona normale, non posso crederci - ma
assolutamente lucido e in sè quando organizza un piano così
tremendo, andando ad acquistare l'acido necessario, assoldando due
sicari per portarlo a compimento, pensando a possibili alibi che
possano scagionarlo.
Lucia
è la vittima di un amore "non amore" di un uomo
che non si è mai totalmente legato a lei ma che comunque non vuole
lasciarla andare, Lucia è una forza della natura per l'atteggiamento
che da subito assume verso quello che le è successo, trovando la
forza per reagire ed anche quella per non far pesare sugli altri la
sua sofferenza.
Non è facile
leggere questo libro senza provare odio verso l'uomo che è stato
capace di provocare tanta sofferenza, non so come faccia Lucia a non
farlo emergere dalle sue parole che risultano sempre di amore verso
la vita e di speranza per il futuro.
Ci racconta di come
tutto è cominciato, quasi per caso, una storia come tante. Avvocato
lei, avvocato lui, ci si incontra per lavoro e nasce qualcosa. È una
relazione strana la loro, non è ufficiale, Luca tende sempre a
scappare ad un certo orario, a non farsi vedere in pubblico, a non
rendere la cosa una vera relazione.
Finchè Lucia non
inizia ad insospettirsi e scopre un'altra donna, non un'amante
passeggera ma una relazione che va avanti da anni e che comprende
anche una convivenza. Si lasciano, poi lui ritorna, accampa bugie su
bugie riguardo all'altra relazione; ogni volta però la situazione
non cambia. Lui è ossessivo, la perseguita, la contatta
continuamente, si presenta fuori dalla sua porta, cerca di
riavvicinarsi a lei dicendole che con l'altra è tutto finito ma ogni
sua parola è una bugia e Lucia lo sa per certo dopo che parla con
Ada, l'altra, e in un confronto a tre lui ammette. Ma tutto torna a
breve come prima e Lucia nonostante il grande dolore non riesce a
staccarsi da quello che per lei, in quel momento, è vero amore.
Seppi
dopo che avevo visto giusto: in qualche modo rattopparono lo strappo,
erano ancora una coppia. Ricucito con lei, ricominciò a imporsi con
me. Aveva scelto ancora lei, mi aveva mortificata, eppure mi cercava,
voleva di nuovo il mondo anche da me, e la cosa più assurda di tutte
è che mi mancava ancora.
Lo
odiavo, ma ero felice di vederlo. Volevo che scomparisse, ma avrei
fatto di tutto per parlare con lui ancora un po'. Mi nutrivo della
sua presenza. Lo cercavo dove sapevo che sarebbe potuto essere.
Lucia diventa la sua
amante, non può rinunciare a lui e sa che l'unico modo per averlo è
dividerlo con l'altra.
Ma nonostante questo
Lucia non è libera, lui controlla i suoi messaggi, è geloso di una
sua possibile ed inesistente storia con qualcuno finchè una sera
durante una discussione le dà due schiaffi e in lei scatta qualcosa
che la porta a cacciarlo. Neanche questa è la volta buona, lui torna
nuovamente alla carica dicendole che con l'altra è finita, che vuole
solo lei, che cambierà tutto ma... non cambia nulla, fino al punto
decisivo.
Ero
esausta, lo detestavo, vederlo mi provocava un senso di nausea, non
riuscivo più nemmeno a fantasticare su un possibile futuro insieme.
Fine della corsa. Fine della strada.
Provò
con la dolcezza: "Parliamone", "Dammi un'altra
possibilità, una sola". Eravamo a casa mia. Mi salutò più di
una volta senza andarsene e a ogni ciao mi diede un bacio sulla
guancia. All'ennesimo chiesi un po' seccata: "Ancora?" Mi
arrivò un ceffone violento, inatteso, irreparabile.[...] Ebbi quel
giorno la certezza che da lì in poi avrei resistito ai suoi
tentativi di ritorno, che non potevo umiliare me stessa fino a quel
punto.
E
Lucia resiste ma anche lui non molla, cominciano pedinamenti,
insulti, minacce, fino alla sera dell'acido. Solo allora Lucia scopre
che le manomissioni al suo impianto del gas quella volta in cui aveva
chiamato un tecnico per una perdita erano opera sua, solo allora
scopre che era riuscito a fare un duplicato delle chiavi della
macchina e di quelle di casa, solo allora scopre di aver scampato
qualche giorno prima del 16 aprile 2003 ad un altro attacco con
l'acido.
Quella che noi
conosciamo grazie al libro è una Lucia che ripercorre tutta la sua
storia mettendo insieme tasselli del passato a cui ora riesce a
guardare più lucidamente; ripensa ai campanelli di allarme che erano
scattati nella sua mente tante, tante volte, cui lei non ha mai dato
ascolto; capisce quanto sia stata fortunata ad essere ancora in vita,
nonostante tutto. Perchè Lucia sopravvive a quell'attacco con la
faccia completamente deturpata dall'acido, priva della vista e con
una mano devastata.
Solo un'equipe
medica di primo livello come quella che trova a Parma e numerosissime
e dolorosissime operazioni di ricustruzione riusciranno a portarla
all'immagine della ragazza che possiamo conoscere oggi, segnata ma
orgogliosa di mostrare il suo volto che è simbolo della sua forza e
del suo coraggio.
Anche solo
immaginare la sofferenza che questa donna possa aver provato è quasi
impossibile; senza riserve nel libro ci spiega nel dettaglio gli
interventi subiti, i giorni post operazione, la paura di rimanere
cieca.
Sono
di nuovo ferma come una statua, di nuovo sotto un cumulo di bende,
ancora una volta priva della più piccola forma di autonomiae
sofferente più che mai.
Una donna che
dimostra quanto la sofferenza possa essere uno stimolo per fare
qualcosa per gli altri. Una forza racchiusa tutta nella dedica del
libro:
A
tutti gli ustioniati che ogni giorno soffrono per riconquistare un
pezzetto di vita. Siate orgogliosi dei segni che resteranno sulla
vostra pelle perche ogni piccola cicatrice sarà per sempre testimone
della vostra forza.
Luca Varani è stato
condannato a 20 anni - pena massima che, consentitemi, è una pena
ridicola - come mandante dell'accaduto.
Oggi Lucia cerca di
essere un esempio per tutte le donne vittime del "non amore".
Vi consiglio di
leggere questo libro, se ancora non lo avete fatto!
Non conoscevo, o non ricordavo, la storia di Lucia, e ringrazio Daniela per averla riportata sotto i riflettori.
Troppe donne sono vittime di questi rapporti malati, di questo non amore, e più saranno quelle che come Lucia trovano il coraggio di alzare la testa e andare avanti, e meglio sarà per tutti.
Come sempre potete leggere questo articolo sui blog di:
Buongiorno e buon lunedì.
L'estate e le vacanze volgono al termine e noi ritorniamo con la nostra rubrica.
E lo facciamo con il bellissimo ritratto che ci propone la nostra Miki.
Come
ogni mattina, sono i rumori che provengono dalla cucina a svegliarmi.
Rose, la cuoca, è la prima ad alzarsi, si mette subito al lavoro per
preparare la colazione. Io la seguo a ruota. Mi alzo, spalanco la
finestra e, nonostante la camera non goda di una bella vista, rimango
ad osservare per qualche minuto New York, in quel momento magico in
cui si intrecciano i cammini delle persone. C'è chi mette fine ad
una lunga notte e sta tornando a casa e chi si affretta ad iniziare
la giornata. Il tutto circondato da quella che è la stagione che più
dona a questa città: l'autunno. Guardo le foglie per terra e mi
chiedo se riuscirò mai a coglierne i colori. Un pensiero breve, da
cui vengo distolta subito. Il signor Smith, circondato dai suoi
giornali, se la dorme beatamente. Stasera pagherà cara la sua
debolezza, quando la moglie farà i conti e si accorgerà di quante
copie gli sono state rubate sotto al naso. La signora Harris,
bambinaia dei Cooper, è già in strada con Alice ed Amber, che
assonnate vorrebbero sicuramente tornare a letto piuttosto che andare
a scuola. Mi giro verso destra ed eccole lì. Puntuali, la
signora Hockley e la signora Dawson, con le loro orribili volpi
spelacchiate attorno al collo, si recano alla parrocchia per la
funzione del mattino. Da lontano il loro aspetto sembra sofisticato
ma da vicino è solo pretenzioso. I cappotti sono consumati lungo
l'orlo e sui gomiti. Le velette dei loro cappellini stracciate in più
punti. Le calze in lana grezza hanno sostituito la seta. E nei loro
sguardi duri e segnati tutta la rabbia per aver perduto un patrimonio
e la dignità in quel maledetto 24 Ottobre. Vorrei continuare ad
osservare, scrutare, scoprire, ma prima il dovere. Di fronte alla
porta della mia stanza, lavata e vestita, liscio le pieghe della
gonna, sistemo il colletto della camicia e guardo l'orologio. Trenta
secondi. Il tempo di mettere al collo la mia Rolleiflex
e
sono pronta. Puntuale. Come sempre. Giro il chiavistello, levo la
catena, sblocco la serratura e con un profondo respiro esco fuori
dalla mia camera. Dalla mia tana. Dalla mia sicurezza. Scendo le
scale ed entro in cucina. - Buongiorno Miss Maier - Buongiorno
Rose - dico senza nemmeno sollevare lo sguardo. Aspetto un attimo,
trovo la luce giusta e scatto.
Vivian
Maier non sarebbe stata nessuno
se, quel giorno del 2007, John
Maloof,
giornalista che voleva scrivere un libro su Chicago, non si fosse
imbattuto in lei per caso. A John servivano fotografie per il suo
libro e quella cassa piena di negativi prometteva bene.
Aggiudicarsela all'asta fu semplice e relativamente poco
dispendioso. Una volta a casa, dopo un rapido sguardo, John capì
che sfortunatamente lì dentro non c'era nulla che potesse servirgli,
ma poco tempo dopo, prestando maggiore attenzione, realizzò che per
380$ aveva portato a casa un tesoro.
Seguendo
piccoli indizi, scoprendo informazioni importanti, digitalizzando
alcuni negativi, John Maloof inizia a sviluppare una vera e propria
ossessione per Vivian Maier. Ed è proprio grazie a questa ossessione
che oggi sappiamo di trovarci di fronte ad una delle fotografe più
talentuose del '900, una pioniera della street
photography,
una donna misteriosa con una storia singolare ed a tratti
controversa.
Paradossale, forte, eccentrica,
misteriosa, audace, riservata. Questi sono alcuni degli aggettivi
usati dalle persone che l'hanno conosciuta e che Maloof ha
intervistato. Attraverso queste testimonianze, si può tracciare
un ritratto di Vivian abbastanza accurato, che cambia notevolemente
con il passare del tempo e che vede emergere delle zone d'ombra,
oscure ed inquetanti, tanto da avvolgerla completamente negli ultimi
anni della sua vita.
Nessuno
può dire di conoscerla bene. Non ha mai avuto una famiglia sua e
nessun vero
amico. C'è
chi crede fosse di origini francesi e chi invece pensa che lei si
sforzasse a parlare con quell'accento. Alcuni la descrivono come una
bambinaia eccezionale, attenta, instancabile. Altri la definiscono
paranoica, severa, a tratti cattiva.
"Era
come una mamma per noi."
Tutti ricordano perfettamente la
sua riservatezza. In ogni casa in cui ha risieduto, la prima
richiesta era l'installazione di una serratura alla porta della sua
stanza. Nessuno aveva il permesso di entrare lì dentro. E poi
c'era la sua Rolleiflex, perennemente al collo, pronta a scattare, la
macchina fotografica perfetta per fotografare in incognito. A Vivian
bastava abbassare lo sguardo per immortalare la scena. Non
necessitava di pose particolari, aspettava solo il momento giusto,
spesso lasciando il soggetto perplesso a chiedersi chi fosse quella
donna e perché lo avesse fotografato.
Bambini,
donne, uomini, ricchi, poveri, mendicanti, storpi, il suo obiettivo
fotografico non risparmiava nessuno. Era
come se Vivian volesse immortalare l'intera gamma delle emozioni
umane.
E non solo.
Miss Maier, così voleva essere
chiamata, era un'accumulatrice compulsiva. Ed è proprio grazie a
questa sua caratteristica che Maloof ha potuto scoprire così tanto
su di lei. Immaginate come sia stato per lui ritrovarsi di fronte
ad un magazzino completamente stipato di scatoloni contenenti
qualsiasi cosa. Dalle ricevute ai biglietti del pullman, da scarpe e
cappelli a ritagli di giornale. Oltre a tutto ciò, centinaia di
migliaia di negativi. Sì, avete capito bene.
La vita di Vivian potrebbe
essere paragonata a quella della poetessa Emily Dickinson, la cui
produzione non è mai stata divulgata dalla stessa e talvolta persino
nascosta in posti impensabili. Ma, a differenza della Dickinson,
la Maier ha avuto una vita molto lunga ed intensa, ed un'attività
fotografica davvero prolifica.
"La
mia prima reazione quando ho visto il suo lavoro, era quel tipo di
gioia che provi quando ricevi una sorpresa e senti che qualcuno, fino
a quel momento da scoprire, rende improvvisamente disponibile il suo
lavoro. E sembra così buono. Sembra che ci sia un occhio
autentico ed un vero e proprio esperto sulla natura umana e la
fotografia e la strada e quel genere di cose che non accadono spesso.
"Aveva un grande occhio
ed un grande senso dell'inquadratura. Aveva il senso dell'umorismo
ed il senso della tragedia. Quelle foto con i bambini sono
bellissime. Bellissima sensazione di luce, ambiente. Lei aveva
tutto.
Più John scopre della vita di
Vivian, più fotografie sviluppa, più avverte la sensazione che ci
sia un pezzo mancante. Perché una tata è così appassionata di
fotografia? Perché non ha mai sviluppato il suo lavoro? Cosa
l'ha spinta a tale costrizione? Chi era Vivian Maier?
"Era una donna diversa
dalle altre. Indossava grandi cappotti con cappelli di feltro. Era
come se nascondesse sempre le sue forme. Era molto alta e le piaceva
indossare camicie da uomo. Camminava sbattendo i tacchi e facendo
oscillare le braccia come un soldato. Aveva sempre la sua macchina
fotografica attorno al collo."
Il mestiere della tata era per
Vivian l'opportunità di fare qualcosa che le permettesse di stare
dentro e fuori dal mondo. Questo le dava un certo senso di libertà.
Aveva un rifugio, non doveva preoccuparsi di sbarcare il lunario, e,
soprattutto, aveva tempo per la fotografia.
Ad un certo punto John Maloof
comincia a chiedersi se divulgare il suo lavoro non sia una sorta di
torto, un'ingiustizia nei confronti di questa donna misteriosa. Cosa
penserebbe Vivian? Ne sarebbe felice?
Vivianne Maier nasce a New York
il primo Febbraio 1926, da madre francese, Marie. Il padre scompare
quando lei è molto piccola ed ha un fratello maggiore di cui non si
sa nulla. Non ha rapporti con nessun membro della sua famiglia, tanto
che l'unica zia che le rimane scrive nel testamento di non voler
lasciare nemmeno un centesimo ai suoi parenti, per motivi gravi, di
cui solo lei ed alcuni amici sono a conoscenza.
Comincia a lavorare come operaia
in un'industria tessile, ma proprio per la sua voglia di libertà
inizia a fare la tata. New York, Chicago, Philadelphia e tanti altri
sono i posti raggiunti dalla donna. Un'altra sua caratteristica
infatti è proprio quella di non voler mettere radici, fino al
momento in cui gli Stati Uniti non sono più abbastanza. Bangkok,
India, Thailandia, Egitto, Yemen, Sud America, Europa... Per otto
mesi, Vivian viaggia da sola, scattando migliaia di foto in giro per
il mondo.
Grazie ad alcune foto e lettere,
John riesce a risalire al paesino francese di provenienza,
Saint-Bonnet en Champsaur, sulle Alpi. Lì ci sono persone che si
ricordano di Vivian e si ricordano di lei proprio perché era
diversa.
"In
quel periodo - dice
il sindaco del paesino, riferendosi agli anni '40 -
le foto si facevano il giorno della comunione o del matrimonio.
Vivian percorreva le vie di Champsaur e impazziva di fronte ad una
montagna, o per qualcuno che lavorava nei campi. Per noi era davvero
bizzarro."
E' mamma Marie ad aver trasmesso
la passione per la fotografia a sua figlia. o almeno è questo ciò
che John deduce quando un cugino di Vivian gli mostra una macchina
fotografica appartenuta a sua madre ed alcune foto che la ritraggono
molto piccola.
A Champsaur, inaspettatamente,
Maloof trova più risposte di quante immaginasse.
"Caro signor Simon,
spesso guardo i miei vecchi capolavori di Champsaur, che voi
avete ingrandito per me in cartoline. Adoro guardare questi
bellissimi paesaggi e mi fanno pensare a lei. Questo è il mio
problema. Mi chiedo se potessimo fare insieme degli affari, malgrado
la distanza che ci separa. Adoro vedere lavori come i suoi, che sono
molto difficili, come avrete senza dubbio notato. Forse potrei
inviarle i miei scatti per farli stampare. Ho un mucchio di scatti
magnifici, che ho scattato con la mia nuova macchina Rolleiflex. Ho
fatto tantissimi esperimenti da quando sono tornata negli USA e non
sono così cattivi, anche se lo dico io stessa. E quando dico un
mucchio, intendo un'enorme quantità. Concludendo, non voglio
alcun effetto patinato, preferisco un semi effetto. Usi la stessa
carta che ha già usato per le mie altre cartoline. Ed infine mi
faccia sapere cosa pensa della mia idea."
Questa lettera dimostra che
Vivian sa di essere una brava fotograva, è consapevole del valore
dei suoi lavori ed avrebbe voluto mostrarli alla gente. Una
spinta in più per continuare questo viaggio alla scoperta di una
grande artista.
A poco a poco, all'idea di una
donna particolare, intraprendente ed entusiasta se ne sovrappone
un'altra, sicuramente inaspettata.
Sono
gli ultimi bambini
che Vivian ha cresciuto a ricordare la donna come una persona
estremamente intransigente, distaccata, cattiva, a tratti disturbata.
Miss
Maier è stata la governante di Inger dai cinque agli undici anni. La
bambina compare in diversi scatti della sua tata. La portava a fare
delle lunghe passeggiate, inoltrandosi nelle zone peggiori della
città, luoghi in cui i genitori di Inger non avrebbero mai permesso
che andasse. E' la stessa Inger a raccontare, per la prima volta,
che Vivian la forzava a mangiare: "Lei
mi teneva giù e mi spingeva il cibo in gola, facendomi soffocare. E
lo avrebbe fatto ancora e ancora. C'era molto di più di un lato
oscuro in lei. La prima volta che mi ha colpito è stata quando avevo
cinque anni, perché stavo imparando ad allacciarmi le scarpe. E non
lo facevo bene. Ha iniziato a sbattermi la testa sulla libreria."
Vivian Maier ha una vera e
propria ossessione per i quotidiani, che legge avidamente e che
conserva stipati in alte colonne che arrivano fino al soffitto della
sua stanza.
"Aveva
una passione per le cose bizzarre, grottesche, incongrue. Non era
interessata alla dolcezza ed alla luce.
Le
piacevano i titoli che rivelavano la follia dell'individuo."
Sfogliando i ritagli di
giornale, rigorosamente catalogati e conservati, Maloof nota una
certa ricorrenza di parole come abuso su minore, violenza, stupro,
vittima, vendetta, omicidio.
"Era
cattiva. Non so come altro dirlo. Non so se avesse un lato oscuro.
Ricordo che una volta mi disse 'Questi
uomini vorranno che tu ti sieda sulle loro ginocchia. E dopo sentirai
qualcosa che ti sta frugando.'
Lei aveva questa rabbia nei confronti degli uomini."
"L'ho vista saltare
indietro per la paura più di una volta, sai, a causa di un uomo.
Diceva che non fanno altro che rovinarti e avrei dovuto fare
attenzione e stare lontana da loro. Tutto ciò che vogliono è il
sesso."
"Aveva paura di essere
toccata."
E' inquietante ed orribile
l'ipotesi che si fa strada ascoltando queste testimonianze. Una
violenza, un abuso spiegherebbero il suo comportamento,
spiegherebbero perché con il passare del tempo lei si sia lasciata
sempre più travolgere dall'orrore vissuto, dalla rabbia, che ha
finito per riversare sugli altri.
Quando
una sua datrice di lavoro le confida di voler adottare un bambino,
Vivien dice: "Se
volete prendervi cura di qualcuno, perché non vi prendete cura di
me?"
Negli ultimi anni della sua
vita, Miss Maier è completamente sola, seduta su una panchina nel
parco, con il suo cappello sbilenco ed una lattina di cibo freddo,
pronta ad urlare contro chiunque le rivolga la parola. La fine di una
vita intensa, passata ad osservare il mondo da dietro un obiettivo,
come fosse una protezione. La macchina fotografica è stata per
Vivian una sorta di tramite, un contatto con il mondo che non avrebbe
potuto farle del male. Non stavolta.
"Dovete tentare di
disegnare, partendo dalle evidenze che avete, una certa comprensione
dell'individuo. Credo che le sue foto mostrino tenerezza, immediata
allerta per le tragedie umane e quei momenti di generosità e
dolcezza. la vedo come una persona estremamente vigile, attenta,
premurosa. E probabilmente faceva la tata perché aveva queste
capacità."
(Joel Meyerowitz)
"Nel 1962, quando ha
scattato tante fotografie, i bambini giocavano sempre negli anfratti.
E' il più bel posto nel mondo. Andava sempre lì perché voleva che
i bambini stessero un po' nella natura. C'era una macchia di fragole
selvatiche lì da qualche parte. A lei piaceva così tanto. Per
questo l'hanno sepolta lì. E' un luogo dove loro la ricordavano
felice."
Benvenuti in questo caldissimo lunedì, prima di uscire di casa a squagliarmi sotto il sole vi lascio il buongiorno con il ritratto preparato da Monica
Quando ero piccola, di solito, i miei
genitori mi mandavano al mare con la nonna.
Ora, voi dovete sapere, che la mia
nonna (tuttora viva e vegeta alla veneranda età di 93 anni), non è
la classica nonna delle favole.
Non ha i capelli bianchi, non è
particolarmente sdolcinata e non lo era neanche una trentina di anni
fa, quando portava me e mia cugina a Rimini.
Se c’è una cosa che ricordo di
quelle vacanze estive è il cinema all’aperto… e cosa poteva
farci vedere la nostra dolce nonnina in un luogo di mare? Film come
“L’orca Assassina” “Lo squalo 1-2-3” vi dicono qualcosa?
Secondo me il suo intento era quello di
tenerci recluse sotto l’ombrellone, in modo da poter fare gossip
con le vicine di lettino e non dover correre dentro e fuori
dall’acqua ogni tre secondi.
Devo dire che il suo piano malefico era
perfetto, perché una volta che vedi lo squalo aprire la bocca e
inghiottire decine di persone, con tanto di sangue e urla strazianti,
la voglia di andare in acqua ti passa eccome.
Tutta questa premessa, un po’
insolita, è dovuta al fatto che oggi vorrei parlarvi di una donna
molto coraggiosa, che risponde al nome di Bethany Hamilton.
Bethany è una surfista professionista,
e ho conosciuto la sua storia attraverso il film “Soul Surfer”,
con la splendida AnnaSophia Robb.
Quando aveva tredici anni, Bethany, che
da sempre sognava di diventare una surfista professionista, era in
acqua e si stava riposando sulla sua tavola da surf. Improvvisamente
qualcosa la trascino sott’acqua, e Bethany ne riemerse con il
braccio sinistro completamente amputato all’altezza della spalla.
Uno squalo l’aveva attaccata.
Per fortuna Bethany non era sola, la
sua migliore amica e la sua famiglia erano con lei. L’aiutarono
a tornare a riva, e quando la ragazzina arrivò all’ospedale aveva
perso il 60% del sangue presente nel suo corpo.
Il fatto che Bethany sia sopravvissuta
quel giorno può essere definito un miracolo, dovuto anche alla
prontezza di chi l’ha soccorsa e alla bravura dei medici che la
operarono.
Ora, provate ad immaginare quanto deve
essere stato difficile, per questa ragazzina che era poco più di una
bambina, trovare la forza di andare avanti.
Non solo non poteva più surfare (si sa
che l’equilibro per un surfista è tutto), ma doveva fare i conti
con un corpo completamente diverso e una menomazione non facile da
mostrare.
Eppure Bethany non si è arresa.
Con forza e coraggio, sostenuta dalla sua famiglia, è rientrata in
acqua. Già solo per questo le darei una medaglia: io ero
terrorizzata dopo aver visto un film, lei è stata realmente
attaccata e ferita.
Con determinazione, e grazie all’aiuto
di suo padre che le ha costruito una tavola da Surf su misura,
Bethany ha ripreso in mano la sua vita. Allenandosi costantemente, un
anno mezzo dopo l’incidente, Bethany ha partecipato alla sua prima
gara ufficiale.
Una ragazza forte, coraggiosa, che ha
guardato in faccia tutte le sue paure e non si è arresa. Vorrei più
esempi sportivi come il suo a questo mondo. Vorrei più donne come
lei…
Bethany continua a competere, si è
sposata, e da qualche giorno è anche diventata mamma. Le sue
meravigliose foto con il pancione in acqua mi hanno profondamente
commossa.
Non so se i piani diabolici di mia
nonna fossero tanto adatti a due bambine di undici e sei anni, ma
dopo tanti anni ricordo con piacere quelle estati. Sono convinta che
lo squalo abbia attaccato Bethany magari perché infastidito dai suoi
movimenti, e sono felice che lei abbia trovato la forza per reagire e
tornare a fare quello che più ama. Ogni giorno ci possono capitare
cose orribili, ma possiamo prendere esempio da ragazze come lei, e
non arrenderci… tutti abbiamo diritto ad una seconda possibilità.
A presto Monica
Che altro posso aggiungere alle parole di Monica, questa ragazza è il perfetto esempio di quanto la forza e la determinazione che abbiamo dentro di noi posso non fare la differenza ogni giorno.
Come sempre vi ricordo che potete trovare la nostra rubrica nei blog di